Del (non) leggere certi classici
Nel 2014, La Lettura, il supplemento culturale del Corriere della sera, chiese ad alcuni scrittori se avessero il coraggio di ammettere di non aver mai letto alcuni libri considerati dei classici. So che molti si rifiutarono di partecipare, di ammettere certe lacune o idiosincrasie. Io accettai. E confessai. La rubrica è stata chiamata Pagina 22, considerata dalla redazione del supplemento come il limite per un libro che non ti prende, che non ti piace. Io, da sempre, ho individuato quel limite a pagina 23. So che tanti lettori non saranno d’accordo con me, visto il libro in questione. Pazienza. Uno dei punti di forza della letteratura, della lettura, è che ci insegna a essere liberi. Buona (non) lettura.
Ci sono momenti, da bambino, che non hai più voglia di esserlo, bambino. Questo slancio in avanti riguarda tutto: i jeans al posto dei pantaloni corti, la bici con le ruote più grandi (salvo poi non arrivare ai pedali), i libri. Uno di quei momenti, qualche decennio fa, ha coinciso con un libro che, appena aperto, mi ha fatto esclamare Ma è roba da bambini questa! E io dovevo averne addirittura nove o dieci, di anni. Mi bastarono poche righe: una bambina annoiata nella canicola di una giornata estiva, un ridicolo coniglio col panciotto, che dice di essere in ritardo e tira fuori l’orologio dal taschino. Ma che roba è, mi chiesi, io che mi sentivo ben oltre alle fiabe, ormai. Abbandonai subito Alice, entrai per poche righe con lei dentro la tana del coniglio e poi, in fretta, la lasciai precipitare nel pozzo. Mi disinteressai all’istante del suo destino, per niente attratto da quel paese delle meraviglie. La mia meraviglia, all’epoca, era infilarmi la maglietta rossonera numero 10 di Gianni Rivera, e con delle scarpette improbabili andare giù in strada a prendere a calci un pallone.
Ecco, ho continuato a considerarlo in questo modo, Alice nel paese delle meraviglie, da ragazzo prima e da adulto poi. Anche dopo aver appeso troppo presto le scarpette al chiodo ed essermi dedicato per sempre ai libri. Però con una vaga ombra di imbarazzo quando veniva citato da qualcuno, e con altri tentativi di approccio, negli anni, perché per i classici, mi dicevo, c’è sempre tempo. Ma accade ogni volta la stessa cosa: quella bambina e quel coniglio sono più insopportabili dell’imbarazzo che provo, ora, a dirvi che alla fine quel libro io non lo leggerò mai.