Venezia è referendum

Questo mio intervento a proposito del referendum sulla divisione fra Venezia e Mestre, è uscito oggi, 30 novembre 2019 sulla Nuova Venezia.

Per un po’, quando il referendum per la separazione di Venezia e di Mestre in due comuni era ancora un’ipotesi, qualche dubbio l’ho avuto. Io, sempre contrario nei troppi referendum precedenti, ora dubitavo, pur vagamente. Mi ponevo delle questioni. Ma di una cosa ero certo: era la pancia a parlare. Era quella rabbia che ogni veneziano prova guardando la propria città sempre più abbandonata a se stessa, in mano a delle lobby che sanno bene come si fa a spremerla, la preziosa e ricca (per loro) Venezia. Era l’indignazione davanti a una giunta comunale schierata in modo smaccato a favore della mercificazione della città, impegnata a espellerci tutti, noi pochi veneziani residenti rimasti. Sì, mi dicevo d’istinto, separare potrebbe forse – ma forse – essere una soluzione Una, non la soluzione. Tutto durava però solo qualche secondo, poi la mente prendeva il sopravvento e la pancia era messa a tacere, com’è giusto che sia in questi casi. Non si vota ascoltando la pancia. Vero è che, ammesso fosse rimasta qualche ombra di dubbio, in me, davanti alla campagna elettorale di coloro che sostengo il Sì alla divisione, quell’ombra è subito svanita. Li ascolto o li leggo ed è come la mia pancia in quei momenti: un brontolio rabbioso, privo di motivazioni concrete, di chiarificazioni precise. Quando gli chiedi perché bisognerebbe votare sì, in risposta esce quasi sempre un ringhio, perché se poni la questione significa che sei per il No, e allora sei schiavo dei poteri forti, sei complice della politica che secondo loro ha distrutto la città in questi ultimi trent’anni, eccetera eccetera. Arroganza e supponenza. Con qualche eccezione, certo, ma pur sempre un’eccezione, rarissima. Una campagna elettorale di una pochezza che la dice lunga sul senso di questa periodica e finora inutile consultazione diretta. Detto che sarebbe opportuno rivedere ruolo e formula dei referendum, il livore che si sta sprigionando in questi ultimi giorni di campagna elettorale sta provocando ferite che temo potrebbero essere non rimarginabili. Un livore che rischia di mettere a repentaglio quello che è il vero e unico grande appuntamento elettorale per il comune di Venezia: le amministrative 2020. Sembra diventato ormai impossibile assistere a delle pur accese e vibranti e proficue discussioni. Oggi o sei con me o sei contro di me. E se sei contro di me sei un imbecille. Voilà. Fine della discussione. Un’attitudine che da anni si è impossessata del modo di far politica italiano, uno dei tanti regali lasciati dal berlusconismo. Una campagna elettorale, quella del Sì, capace di azzerare tutto. Di banalizzare tutto. Soprattutto la memoria. Perché è del tutto sciocco dire “I politici degli ultimi trent’anni hanno distrutto la città”. Dirlo dimostra alla meglio una scarsissima memoria o, alla peggio, significa essere in totale malafede. Ci sono state figure politiche di altissimo spessore a Venezia e a Mestre, anche se questa affermazione farà ridere i professionisti delle fake news (e sono tante le fake news fatte girare in questi ultimi giorni). Ci sono stati amministratori che hanno migliorato la qualità della vita sia a Venezia sia a Mestre. Soprattutto, quella qualità invisibile, che per fortuna non tocca la massa di cittadini, ma solo quelli più sfortunati. Mi riferisco ai servizi sociali, che per anni sono stati studiati anche da tante altre città europee, visto i risultati virtuosi ottenuti a Venezia. E allora bisognerebbe dire che ciò non è stato più reso possibile a causa di decisioni prese a livello nazionale e non locale, salvo poi l’arrivo di questa giunta che ha approfittato per dare il colpo di grazia a qualcosa che a fatica i precedenti amministratori hanno tentato di tenere in piedi. E si potrebbe ricordare anche la cultura, quella poco eclatante, quella che si fa nelle biblioteche o andando al cinema: Venezia era rimasta senza nemmeno un cinema, a un certo punto. Oggi, se a Venezia e a Mestre si può ancora vedere un certo tipo di film, lo si deve alle scelte fatte dal Comune di Venezia, da certi amministratori e funzionari competenti e appassionati. E la lista potrebbe continuare.

Una campagna elettorale, quella per questo ennesimo referendum, che pare servire soprattutto a dare spazio a delle figure ambiziose ma costrette fin qui a starsene confinati nell’ombra e i motivi sono adesso evidenti. Personaggi più ambiziosi che competenti, più concentrati a ritagliarsi il famoso quarto d’ora di celebrità che a fare proposte serie e chiare. Però una cosa gli è riuscita benissimo: non farci capire nulla del perché sì. E allora, alla fine, pare proprio sia meglio di no.