Venezia è laguna (5)

Poi è arrivato. Un paio di giorni fa. Ma non era il caso di scriverne subito. Bisognava assestare l’umore (ne ho già parlato), il piacere (quando il libro è bello, al di là del contenuto), la sorpresa (è sempre stupefacente vedere come un mucchio più o meno consistente di parole si trasformi in libro). Sto un po’ contraddicendo alcuni punti di cui parlavo un paio di post fa. Me ne rendo conto. Ma Venezia è laguna è davvero riuscito bene. Era forse già intuibile dalle foto, ma si sa come sono a volte le foto. È un libro che è bello toccare, con quel cartoncino granuloso come la sabbia della laguna, le due differenti gradazioni di verde – lo sfondo e l’incipit di copertina – che sono proprio le stesse fra le tante che a seconda delle giornate, della luce, la laguna ci offre. E poi il profumo della carta, della colla, della stampa (forse). Sì, questo libro ha un’identità olfattiva come i libri di una volta. Spesso si vedono lettori ficcare il naso fra le pagine di un libro, ricercando uno degli aspetti identificativi che fino a qualche decennio fa era fra i più importanti di ogni libro: il suo odore. Li riconoscevi dal profumo (sì, profumo), i libri, una volta. C’era il profumo Einaudi, il profumo Bompiani, quello Adelphi. Oggi, quando alziamo il naso dai libri, è sempre con una smorfia di delusione, la solita dose di nostalgia. Invece, Venezia è laguna ha il profumo dei libri di una volta. Mi piacerebbe dire che ha la fragranza della laguna, questo libro, ma sarebbe esagerato, mentirei.
Sono andato a festeggiarlo, insieme al mio amico Paolo Modugno, al bar Les Deux Magots, dove andavano Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre, e dove Antonio Tabucchi ha iniziato a scrivere Requiem.