Perle fucsia in acqua alta

Incollo qua sotto le parole chiare e indiscutibili di Gianfranco Bettin in risposta alle solite dichiarazioni superficiali, prive di alcun fondamento e del tutto fuori luogo fatte ieri dal sindaco di Venezia. Che dovrebbe spiegarci poi il motivo della chiusura di Piazza San Marco nel momento del picco della marea, quando anche tutto il resto della città era sott’acqua: per motivi di sicurezza, ha detto, mentre evidentemente altrove, secondo lui, si stava tranquilli. Sì è esibito ancora una volta sul palcoscenico più famoso del mondo, stivaloni fino alla coscia, giubbotto da pescatore, mani intasca e alle spalle la scenografia più fotografata del pianeta. Lo abbiamo visto là, davanti al Florian, far smammare i turisti dalla Piazza. Mica si è fatto riprendere dalle telecamere nelle strette e anonime calli di Castello o di Cannaregio o del resto della città, dove tanti, troppi suoi concittadini stavano con l’acqua fino al ginocchio dentro casa, con mobili ed elettrodomestici da buttare, appartamenti devastati, dentro alle loro case a fare quel che potevano con un senso di impotenza e di rabbia che lui avrebbe avuto il dovere di ascoltare, di assecondare, di rassicurare. Se lo ha fatto, lo ha fatto lontano dalle telecamere. Si è fatto riprendere nel cuore di Piazza San Marco, lui. Perché se fai chiudere Piazza San Marco finisci sui giornali di tutto il mondo, se fai chiudere Calle del Forno, difficile. In questo modo, non ha fatto altro che perpetuare la solita immagine-cliché della città quando è vittima dell’acqua alta: foto e video di Piazza San Marco e stop, come se si trattasse dell’ennesima figurina folkloristica di Venezia, ormai vista e percepita da tutti come una non-città, come un quadretto, souvenir da fotografare e postare su Instagram. Così, tutti i giornali di questa mattina riportano, accanto alle tragedie del resto dell’Italia, la foto della Piazza, con la didascalia Acqua alta a San Marco, e sindaco incorporato. Dei drammi vissuti da centinaia di famiglie e di negozianti, non una sola parola, comprese quelle del sindaco, la cui unica preoccupazione è stato ancora una volta il MOSE. Anche i bambini ormai lo sanno: il MOSE non entrerà mai in funzione, e quando lo si nomina a noi veneziani vengono i cinque minuti. A occhio, dunque, lo sgombero della Piazza pare la solita trovata per far parlare di sé ai media, di nuovo e inutilmente, come i tornelli dell’estate scorsa, come se a stargli a cuore fossero i turisti, che ha fatto uscire di persona da San Marco, e non i sempre più pochi veneziani rimasti e che cercano di viverla meglio che possono – nonostante tutto, nonostante lui – la propria città.

 

MOSE e ACQUA ALTA

le solite bufale tornano a galla.

di Gianfranco Bettin

“Sono giornate come questa, di acqua alta eccezionale, a dimostrare che il MOSE è necessario” ha detto oggi, con l’acqua a 156 cm. (la quarta di sempre), il sindaco di Venezia.

E’ VERO ESATTAMENTE IL CONTRARIO.

Se invece che insistere su un’opera enormemente costosa (anche al netto della rapina colossale orchestrata dalla nota gang intorno ad essa), vecchia nella concezione, già spiazzata dai mutamenti climatici e ambientali, duramente impattante sull’ecosistema lagunare, approvata soltanto con forzature politiche da parte di governo nazionale e Regione (con il solo voto contrario del Comune di Venezia), se invece che questa strada assurda e infinita si fosse scelta una qualsiasi delle alternative presentate a suo tempo, meno costose, mirate specificamente per eventi come quello odierno, più elastiche e reversibili, meno impattanti e più facilmente realizzabili in tempi di gran lunga più brevi, la città sarebbe già protetta da anni e OGGI VENEZIA SI SAREBBE RISPARMIATA UNA GIORNATA DIFFICILE.

Altro che la bufala del Mose necessario:

E’ PROPRIO LA SCELTA DI FARE IL MOSE LA CAUSA PRIMA DEI RITARDI CHE TENGONO ANCORA VENEZIA IN BALIA DELL’ACQUA ALTA.


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