Com’è bella Saint-Nazaire
Da quasi una decina d’anni – dal febbraio 2008 – frequento Saint-Nazaire. Ero stato invitato dalla Maison des Écrivains Étrangers et des Traducteurs per una residenza di scrittura di due mesi. Mi sono innamorato di una città che non ha nessuna delle classiche attrattive: la storia, l’arte, la natura (anche se l’estuario della Loira…). È una delle poche città di cui ho subito captato l’anima, la fragranza, il sentimento ed è diventata protagonista di due miei libri, Sentimenti sovversivi e Venezia è laguna. Ci ritorno appena posso, grazie all’ospitalità di nazairiens che sono diventati dei cari amici. Anche a luglio ci ho trascorso due settimane, e ovviamente con me si cercava di parlare di due argomenti: della Fincantieri e di Claudio Ranieri, nuovo allenatore del Nantes, città che sta lì a due passi. Preferivo il secondo argomento, al primo. Non avevo nessuna voglia di identificarmi con la Fincantieri e infatti – lo dico con chiarezza e dopo aver parlato con molti che lavorano nei cantieri navali di Saint-Nazaire – io sto con i francesi, proprio perché non si tratta di una partita di calcio fra nazionali. Così, al mio ritorno, per la prima volta ho sentito tutti (tv, giornali, opinione pubblica) parlare – spesso a vanvera – di Saint-Nazaire. E ho scritto il seguente articolo per il Corriere del Veneto, uscito domenica 30 luglio 2017.
Dal Corriere del Veneto del 30 luglio 2017.
Da qualche giorno noi italiani siamo venuti a sapere che in Francia c’è una città, Saint-Nazaire, che è al centro di una disputa tra Francia e Italia sul controllo dei suoi prestigiosi cantieri navali. Questo sappiamo. In effetti, Saint-Nazaire non è uno di quei luoghi messi in evidenza nelle guide turistiche. Di turistico non ha molto, ed è proprio questo a essere uno dei pregi della città. Una città-sentimento, distrutta e poi ricostruita dagli americani nella Seconda Guerra Mondiale, che non possiede soltanto il porto. C’è una spiaggia di quasi tre chilometri in pieno centro, con un lungomare larghissimo dove poter correre in bicicletta, in roller, fare jogging o semplicemente passeggiare respirando quell’aria a noi sconosciuta: quella dell’Oceano Atlantico. Per l’intera estate, lì sul lungomare, è parcheggiato un grande furgone tutto vetri: è una biblioteca, fornitissima e con la coda all’entrata, soprattutto bambini, perché Saint-Nazaire è anche una città letteraria. Da trent’anni infatti vi opera la Meet, Maison des Écrivains Étrangers et de Traducteurs, diretta dallo scrittore Patrick Deville, una residenza per scrittori che ogni anno ospita per un mese o due, dai cinque ai sei autori del mondo intero. La Meet è anche una casa editrice bilingue e nella sua collana ha pubblicato decine e decine di romanzi, racconti e poesie che hanno fatto di Saint-Nazaire una delle città più narrate al mondo. A novembre vi si svolge il Meeting, un festival che ogni anno ospita due città letterarie, e proprio nel 2016 è toccato a Venezia, con l’invito di alcuni scrittori veneti prima a scrivere della propria città per una raccolta, poi a intervenire al festival.
Della diatriba in atto fra governo francese e governo italiano sappiamo già tutto, ma non sappiamo perché tutti gli abitanti di Saint-Nazaire abbiano gioito alla decisione di Macron di nazionalizzare i cantieri. Qua in Italia abbiamo subito pronunciato quel termine che ci rende i francesi così antipatici: sciovinismo. Errore. Qui si tratta di qualcosa di ben più profondo. Al di là dei pareri di chi lavora nei cantieri e dei sindacati (è diffusa la preoccupazione che Fincantieri decentralizzi il lavoro in Cina, per esempio), e al di là di chi legge in questa decisione una lotta tutta italiana fra Msc Crociere (Gianluigi Aponte, il patron di Msc, dichiarò nel giugno scorso a Le Monde che avrebbe fatto di tutto per evitare che Fincantieri entrasse in possesso dei cantieri), quello che non solo noi italiani ignoriamo, ma che ci è del tutto estraneo, è il rapporto che gli abitanti di questa città di oltre settantamila abitanti hanno con i loro cantieri. La costruzione di una nave richiede mesi e mesi di lavoro, anni a volte, e ogni tappa è scandita dalla stampa locale e, di conseguenza, dai nazairiens. Ciascuno di loro, giovani e meno giovani, poco importa quali siano le competenze, gli studi, conoscono a menadito ogni fase. Le uscite di ogni nave, anche quelle di prova, fanno accorrere i nazairiens lungo le rive ad assistere e a celebrare un risultato che è sentito come se fosse il lavoro di tutti. Quindi no, non si tratta né di sciovinismo né di nazionalismo, perché fra l’altro, sono decine le nazionalità di chi è impiegato nei cantieri di Saint-Nazaire. È un rapporto profondo e sentito, riconoscenza e condivisione, che noi ignoriamo: avete mai visto, a Monfalcone o a Porto Marghera, folle di abitanti accalcarsi alle rive per salutare il varo di una nave, il compimento di un lungo lavoro? Mai. Questo è quel che sta accadendo a Saint-Nazaire. Il timore di perdere non soltanto il lavoro, ma il sentimento collettivo che, da sempre, lo contraddistingue. Non è un caso che per il centenario dello sbarco degli americani durante la Prima Guerra Mondiale, il sindaco David Samzun abbia fatto di tutto per riavere a Saint-Nazaire la Queen Mary 2, fiore all’occhiello della cantieristica locale. Un evento che ha portato sulle rive della città migliaia e migliaia di francesi. Che, oggi, hanno paura di perderlo, questo sentimento unico e prezioso. A noi del tutto sconosciuto.