Je suis Parisien
Questo mio articolo è uscito sul Corriere del Veneto di ieri, 15 novembre 2015, e l’ho scritto sabato pomeriggio, quando tutti speravamo che Valeria Solesin fosse solo dispersa.
Je suis Parisien. Non è soltanto un hashtag, né lo slogan – doveroso – più digitato di queste ore, pronunciato spesso, sottovoce, anche ieri sera in Campo Manin a Venezia, alla veglia che i veneziani hanno voluto dedicare a Parigi. Essere parigino è anzitutto un’emozione, che ti prende appena ci metti piede la prima volta, quando ci arrivi magari ventenne, portandoti dentro i versi di Baudelaire e di Verlaine, le canzoni di Brassens e di Leo Ferré, l’emozione di una città che ti accoglie, ti avvolge, ti prende per mano e ti invita a conoscerla, a osservarla, a viverla. Un’emozione che le volte successive diventa stato d’animo, quando incominci a riconoscerne i luoghi, gli odori, i suoni. Quando impari a orientarti fra le quattordici linee della metropolitana, a spostarti con agio e intuito, quando inizi a sentire Parigi dentro di te. E allora, le volte seguenti, quell’emozione e il successivo stato d’animo si trasformano definitivamente in un sentimento, evidente e reciproco. È la città stessa a dirti che sì, ora sei proprio parigino. È un sentimento difficile da provare altrove. È la vera straordinarietà di Parigi, questa: farti sentire a casa ogni volta che ci ritorni. È quell’attitudine tutta parigina che porta i suoi abitanti ad attraversarla di continuo, a viverla fino in fondo, la loro città. E poco importa se è quella di nascita o quella acquisita.
Parigi era tutta fuori, erano tutti in giro venerdì sera, ad approfittare di questo tiepido autunno, a riempire le terrasse dei bistrot, come fanno abitualmente. È stato questo sentimento profondo e unico ad aver fatto sì che anche dopo gli attentati a Charlie Hebdo e al Hypermarché Casher, e nonostante il conseguente innalzamento del livello dei controlli, i parigini hanno continuato a vivere normalmente. Più volte mi hanno chiesto se dopo i fatti di gennaio fosse percepibile in giro una certa inquietudine, una certa tensione. Nient’affatto. Tutti i parigini che conosco, francesi e no, non hanno mai manifestato la minima preoccupazione, né l’ho mai percepita girando per la città, in metropolitana, al mercato, ovunque. Questa è la forza di Parigi. È quella dose di fatalismo che a noi italiani è sconosciuta. È stato Diderot a scrivere Jacques le fataliste, mica Manzoni. E non c’è dubbio che Liberté, Egalité, Fraternité siano dei concetti che loro hanno scolpiti nell’animo, non solo alle entrate delle scuole.
Una mia cara amica di Montebelluna vive a Parigi da poco più di un anno.
Ieri, al telefono, mi ha detto: “Oggi ho avuto la conferma di quanto la mia decisione sia stata giusta. Sono orgogliosa di averla scelta come città dove vivere, e dopo quel che è successo venerdì – cosa che sembrerà incomprensibile solo a chi non conosce Parigi – lo sono ancora di più”. E io la capisco benissimo. In tanti mi hanno chiesto se mi trovavo ancora a Parigi in questi giorni. Chi sapeva che ero rientrato da poco mi ha detto che ero stato fortunato. Io invece ho sentito un profondo imbarazzo a non essere lì, accanto ai miei amici parigini, a condividere il loro dolore, il loro stupore, la loro paura, la loro impotenza. Ma essere parigini è anche quell’hashtag #portesouvertes che nel pieno degli attentati in corso ha spinto centinaia di persone ad aprire la porta di casa a gente sconosciuta e terrorizzata, dar loro conforto e rifugio. Nemmeno per un secondo hanno pensato che dentro casa sarebbe potuto entrare anche qualcuno degli attentatori, come ho sentito subito dire dalle nostre parti. Del resto, a Parigi nessuno si sogna di usare a vanvera il termine “buonismo”, invenzione del tutto italiana, diventata sinonimo di bontà, di solidarietà, di rispetto, di tolleranza, ma in chiave negativa. Ai parigini non succede, e non succederà nemmeno questa volta. Supereranno anche questo choc e continueranno a vivere il sentimento profondo che li rende del tutto aderenti alla propria città. Nessun attentato riuscirà mai a fermarli, i parisiens.