A Parigi
Sono arrivato a Parigi. Terza parte della residenza di scrittura, anche se in realtà si è chiusa ieri, a Arles, ultimo giorno al Citl, il Collège des Traducteurs. Ma poi di scrittura si tratta visto che qui a Parigi terrò l’atelier di scrittura alla Maison des Écrivains et de la Littérature, che si ripete dal 2011 tre o quattro volte l’anno. Sto preparando l’incontro di domani al bistrot Beaujolais d’Auteuil, leggo i racconti dei corsisti, scelgo un paio di brevi racconti (Hemingway, Calvino, non so) da leggere in apertura e guardo passare la gente qua davanti. È sera, tardo pomeriggio a essere precisi, e a passare sono soprattutto gli spettatori del Roland Garros, che è qui a due passi. Il torneo di tennis che per anni ho guardato alla televisione, non perdendo mai una finale, ricordando perfettamente tutte quelle vinte da Borg (sette) e l’unica vinta da Adriano Panatta, nel 1976 e io avevo quindici anni. Non sono mai stato al Roland Garros (a Wimbledon invece sì, e chi ha letto Terra rossa lo sa). Soltanto una volta, l’inverno scorso, ma naturalmente non ci giocava nessuno. Questo pomeriggio, mentre ero a casa, a scrivere, sentivo gli applausi del pubblico, in lontananza, nel silenzio della domenica parigina, che è un silenzio speciale che bisognerebbe un giorno riuscire a raccontare. Poi ho letto che Roger Federer è stato eliminato. È il giocatore che preferisco in quest’epoca per me meno che tiepida nei confronti del tennis. Ma è da quando Borg si è ritirato, quasi trent’anni fa, che il tennis fatica ad appassionarmi. E chi ha letto Terra rossa sa anche questo.
È quasi l’ora di cena e guardo passare la gente che esce dal Roland Garros, e si dirige alla fermata del métro. Il torneo termina domenica prossima, c’è ancora tempo, l’atelier inizia alle 18, le partite molto prima, tarda mattinata, e allora, quasi quasi…