A chi voterà per Grillo

A me Beppe Grillo fa paura. Una volta mi faceva ridere, spesso anche riflettere. Oggi, paura. Quel che dice dei giornalisti, dei sindacati, della politica. Fa paura. La sua ignoranza, il suo qualunquismo. Si comporta specularmente a Berlusconi, e del berlusconismo è la conseguenza ahimè logica. Mi fa meno paura chi lo voterà. Perché per la maggior parte è gente smarrita, orfana dell’approfondimento, del buon senso e dell’intelligenza che istituzioni e media dovrebbero naturalmente dimostrare. Qualche giorno fa sul Corriere del Veneto, ho scritto questa cosa.

Pareva come se tutta quella gente fosse arrivata da un concerto. Mezzanotte circa, imbarcadero del vaporetto di Piazzale Roma, a Venezia, di solito deserto a quest’ora. L’altra sera, invece, affollato, nonostante il freddo e nonostante fosse un anonimo mercoledì, anche se di carnevale. Ma non ce n’erano di concerti in giro, l’altra sera. Eppure l’atmosfera era quella, avete presente? Quella sensazione così comune, così ricorrente, che rende tutti un po’ omogenei, un po’ aderenti, dopo aver condiviso un’emozione collettiva, dopo essersi riconosciuti tutti insieme dentro a quella stessa emozione. Una certa complicità, insomma. In mano, molti di loro, avevano dei fogli, dei depliant. Spiccava del giallo, risaltavano delle stelle. Vero, c’era Beppe Grillo a Marghera. Migliaia di persone, come a un concerto rock. E alcuni di loro qui, in attesa del vaporetto. E come a un concerto, dal quale ti porti via quell’eco capace di durare ben oltre la notte, anche qui ci sono i commenti, risuonano frasi che hanno sentito e condiviso sotto al palco del leader del Movimento Cinque Stelle. Già, Grillo il populista, Grillo il demagogo, Grillo l’antipolitico, Grillo che alla domanda di un esponente di Casa Pound “sei antifascista o no?”, lui risponde: “Questo è un problema che non mi compete”. Il Grillo imbarazzante, insomma o, quantomeno, confuso. Eppure, tutta questa gente qui, che aspetta di ritornare a casa, è stata ore al gelo per ascoltarlo. E non hanno nulla di imbarazzante, loro, non dicono nulla di inaccettabile. Commentano, ribadiscono, e mettono in discussione, anche, certe affermazioni del leader, ma lo fanno con pacatezza, argomentano. Sono coppie, soprattutto, e non soltanto giovani. Tu, scettico, li guardi, li ascolti, e una cosa è evidente, certa, inconfondibile: questa è gente che ha voglia di politica, altro che. Ha voglia di ascoltare, di capire, di riconoscersi. E prende quel che c’è, quel poco di nuovo che si ê affacciato nel paesaggio stantio e putrido della politica italiana. Li ascolti, li guardi e salta agli occhi anche l’incongruenza di colui che ha esaltato il web, i blog, i social network, ma che sta conquistando voti su voti alla vecchia maniera: coi comizi in piazza, andando a guardarla in faccia, la gente. Perché ce n’è ancora tanta di gente che ha davvero voglia di politica. Gli altri evitano le piazze, preferiscono luoghi più contenuti, protetti, la piazza è un rischio, e non certo per l’incolumità, ma per la partecipazione, perché se alla fine non hanno nulla di nuovo da dire, perché mai andare ad ascoltarli? E i reduci dalla piazza di Grillo hanno invece la faccia di chi ha voluto esserci, partecipare. Sembrano elettori che si sentono delusi, se non traditi. Sono elettori che in gran parte avrebbero forse votato a sinistra, se a sinistra avessero sentito un’aria forte di cambiamento. Li ho sentiti parlare di ambiente, di Porto Marghera, di grandi navi. Di battaglie sacrosante, finite – ahimè – in mano a un comico. Perché questo, alla fine è – e forse sarà per sempre – un Paese da commedia. E di commedianti.