Maschilismo di Stato
Oggi un vecchio signore imbolsito e sconcio, che si candida di nuovo a guidare (e finire di devastare) il Paese, avrebbe chiesto scusa alla signora che ha insultato giorni fa. Un vecchio signore che proprio grazie a questo suo “modo di fare”, incanta ancora un numero cospicuo di italiani. Lunedì prossimo, rivincesse, sancirebbe la fine dell’Italia visto che nessuno, fuori dall’Italia, si augura che quel tizio ritorni al governo del Paese. Giorni fa, venerdì 15 febbraio 2013, questo mio articolo è uscito sul Corriere del Veneto.
Dovrebbe mettere i brividi vedere un maschio insultare col sorriso sulle labbra una ragazza. E i brividi dovrebbero aumentare se poi quel maschio è un vecchio che si crede invincibile, imbattibile per via del potere che ha acquisito negli anni e che noi continuiamo, davanti a ogni sconcezza, a tributargli. Non si tratta più di campagna elettorale e tantomeno di politica. La politica, quella vera, è un’altra cosa. È l’opposto. È virtù. Un imbarazzo che di sicuro non tutti hanno provato ascoltando le parole pronunciate a Mirano da uno dei leader politici più importanti di questo Paese – basta sottolineare le risate e gli applausi della platea, sdilinquita davanti a quello schifo – un imbarazzo, dicevo, che è qualcosa di profondo, di doloroso. Nessuno fra i presenti, tantomeno fra i colleghi o i responsabili della ditta per cui lavora la signora offesa e umiliata, ha avuto la prontezza di intervenire, di interrompere quella scenetta patetica e vergognosa. Per un motivo molto semplice. Perché noi maschi italiani siamo così. Tutti. Basta ascoltare in pizzeria o al bar cosa si dice a un tavolo di soli maschi, o in classe, quando i maschi si appartano a fare commenti sulle compagne di classe. O, ancora, basta essere dentro a noi stessi, quando vediamo passare una ragazza, e scattano certi pensieri. Siamo così. E il Paese ne è un ritratto preciso, agli ultimi posti in Europa in materia, al punto da essere costretto a inventarsi le quote rosa, o un ministero per le pari opportunità. Solo che in questi ultimi anni, molti anni, anziché evolvere verso le altre nazioni abbiamo percorso giganteschi passi indietro. Perché questo maschilismo becero è stato nel frattempo istituzionalizzato. È diventato comportamento non soltanto sociale ma anche e soprattutto professionale e politico. Unici al mondo in questo. E lo è diventato davanti a una società civile nient’affatto sconcertata, a parte pochi, anzi, poche: il movimento di “Se non ora quando”, in particolare. Sia chiaro, sono tanti i maschi, che nel corso della loro vita hanno battagliato contro questa indole. Grazie a genitori, a insegnanti, a letture, a viaggi, grazie a percorsi interiori virtuosi si sono affrancati, allontanati da atteggiamenti simili. Che però, come l’alcol, come il fumo, sono sempre lì, in agguato. Siamo sempre a rischio, insomma, noi maschi. E in questi anni, se prima tanti riuscivano a mordersi la lingua ed evitare certe frasi, certe parole, certi sorrisetti, certe allusioni, con l’istituzionalizzazione della beceraggine tutto rischia di naufragare. Ogni volta. Ogni volta che accade un episodio come quello di Mirano, crollano anni di sforzi, la sottocultura torna a vincere, e ci vuol poco, in un Paese che da anni dà voce alle budella, anziché al cervello. E non basteranno certo le elezioni, a invertire una rotta – tutta italiana – che parte da lontano. Troppo lontano.