La lega sarebbe fuorilegge

In molti altri paesi civili, un “partito” come quello della lega nord, sarebbe fuorilegge o, quanto meno, tenuto ai margini della politica. E per più motivi, il primo, quello più evidente e ovvio (ma non il peggiore), il fatto di porsi contro la Storia dell’Italia e contro la Costituzione, volendo dividere artificialmente il Paese con quell’idiozia assoluta che è la padania (minuscolo, ché la padania non esiste). Si paragonano a bretoni e baschi, gli ignoranti padani. Ma basta una breve ricerca su google, o parlare con un vero bretone o basco, per capire che usurpano storie vere, lingue vere, tradizioni autentiche. Il secondo aspetto, per cui sarebbe confinato – come tanti altri partiti europei di estrema destra – ai marigini della politica nazionale, è il suo razzismo di fondo, che se un tempo era solo linguaggio becero, oggi, con leghisti nei ruoli chiave dello Stato e di tante amministrazioni locali, è diventata azione vera.
Azione che si è vista ieri, qui, nella mia città, Venezia, da sempre città aperta, libera, solidale. Un corteo autorizzato anti lega che viene bloccato e manganellato fin dalla partenza da un cordone imponente di polizia come nel Cile di Pinochet. Il tutto su ordine diretto del ministro dell’interno, leghista. Quello che molti, anche a sinistra, definiscono come la faccia pulita della lega. Quello che molti vorrebbero a capo del governo al posto dell’utilizzatore finale. Quello che, grazie alla sua politica sull’immigrazione, ha sulla coscienza chissà quanti dei naufragi di migranti nel Mediteranneo. Dopo quel che è successo ieri a Venezia – che oggi sarà invasa dai sedicenti “popoli padani” – questo mio intervento uscito mercoledì scorso, 14 settembre 2011, diventa ancora più attuale, credo. La lega – ricordiamocelo – rappresenta un’infima parte di questo Paese. Ed è comunque minoranza anche qui in Veneto. Governa solo grazie allo sdoganamento aziendale deciso ad Arcore. Governa, decide, occupa spazi di potere come nemmeno il peggior Psi (serve ricordarlo, il Trota?). E distrugge luoghi, paesi e, soprattutto, coscienze. Infine, io credo che il fenomeno lega non dipenda dal territorio, dalla gente sedotta da un non-pensiero. Credo che il fenomeno lega sia conseguenza di chi, fin da subito, anziché metterla ai margini, l’ha scelta come interlocutore. Sinistra compresa.

Ecco il mio intervento del 14 settembre 2011 sul Corriere del Veneto.

Il tricolore è alla finestra già da mesi. Forse, la signora Lucia non l’ha più tolto dal raduno padano dell’anno scorso, in Riva dei Sette Martiri, a Venezia, già pronta, con quella bandiera, a celebrare il centocinquantenario dell’Unità d’Italia. E sarà l’ultima volta, domenica prossima, perché la signora Lucia è stata sfrattata e quell’appartamento avrà nuovi inquilini. Per quasi quindici anni, la signora Lucia è stata la sola a tenere testa a un raduno che va contro la storia di Venezia, contro la sua apertura verso il mare, verso gli altri e l’altrove, un raduno che va contro l’Italia. Da sola, ogni anno, puntuale, ha sbattuto in faccia al popolo padano piazzato sotto alle sue finestre, un tricolore che non era provocazione, ma la rivendicazione di un’appartenenza. Con quel tricolore, va ricordato sempre, un attuale ministro della Repubblica, il leader di quel popolo padano (che non esiste) ha detto che ci si sarebbe pulito al cesso. Sembrava ci avessimo fatto l’abitudine. Che ci fossimo assuefatti a qualcosa di talmente anomalo, talmente violento nella drammaturgia finta e nel linguaggio mistificato, da farci sì vergognare, ma da lasciarci però rassegnati, all’angolo. Da un paio d’anni non è più così. All’improvviso, grazie all’ostinazione della signora Lucia, Venezia accoglie il popolo padano in camicia verde con centinaia di tricolori alla finestra. Un messaggio inequivocabile per dire a quella gente che Venezia e i veneziani si chiamano fuori. Per questo, anche se l’anno prossimo il tricolore della signora Lucia non ci sarà più, poco importa. Perché ormai quel suo tricolore è diventato il tricolore della città intera, e tutte insieme, quelle bandiere sottolineano un’anomalia tutta italiana, di un partito che vuole la secessione ma che siede ai banchi del governo del Paese. Verranno accolti come indesiderati, i padani (che non esistono), pochi giorni dopo quella competizione ridicola, possibile solo in quest’Italia anomala e disperata, quel giro della padania (che non esiste) contestato da sindaci, da cittadini, e verrebbe davvero la voglia di proporre che coloro che hanno partecipato a una gara organizzata da un partito politico separatista, Ivan Basso in primis, non vestissero la maglia azzurra fra qualche settimana, ai mondiali di ciclismo. Sarebbe solo coerenza, no? Ma la coerenza da queste parti è ormai una parola vuota, ripresa però in mano puntualmente da persone come la signora Lucia. Poche. Capaci di ridare significato a simboli e valori. Un’impresa ben più nobile che uno sgangherato raduno, dove sentiremo, come sempre, risuonare slogan che mettono i brividi. Resi definitivamente innocui, forse, un giorno, da un tricolore alla finestra.