Venezia, peggio di Disneyland
Questo mio articolo è uscito sul Corriere del Veneto il 30 luglio 2011.
Venezia è una città sotto assedio. Un assedio mantenuto da tempo proprio da quel mondo globale, da quell’economia globale che stanno mostrando all’altro mondo, quello diverso, quello possibile, il loro fallimento. Venezia è tenuta sotto assedio dal turismo di massa, da un’offerta che non guarda in faccia nessuno, quella disposta a tutto pur di riuscire a mettere in vendita ogni centimetro quadrato di prodotto. Poco importa che il prodotto sia proprietà di tutti e non dei pochi che lo commerciano. Importa ancor meno, che il prodotto sia del valore fragile e inestimabile di Venezia. Venezia sembra essere in mano a gente priva non soltanto di scrupoli, ma anche del minimo buon senso (per non parlare di senso storico oltre che civico, roba ormai sconosciuta all’Italia intera). E non parlo dell’amministrazione comunale. Parlo degli operatori. Sentire uno dei dirigenti del Porto sbandierare con orgoglio l’arrivo pressoché quotidiano di undici navi (11!) e di trentacinquemila croceristi (35.000!) mette i brividi. La stampa e le istituzioni mondiali guardano a questo assedio come a una catastrofe per nulla naturale, chiedono addirittura che se ne occupi l’Onu, e noi affidiamo la città più bella e inestimabile e fragile del mondo a gente che mette in atto meccanismi mentali e produttivi che sono la negazione stessa della città. Gente che a nome del profitto, non solo manda al massacro Venezia, ma passa sopra – letteralmente, questo fanno le grandi navi quando transitano nel cuore della città – a chi Venezia la vive e la abita. Va detto che gran parte dei residenti sono complici di questa messa in vendita. Ma c’è chi vi si oppone, anche se ancora troppo sottovoce. Prendete gli abitanti del Lido, di Castello, di Sant’Elena. Da un anno vivono sotto il rombo permanente di un elicottero che per l’intera giornata porta sopra le loro case (e dentro i loro timpani) modestissime quantità di turisti che fanno la stessa cosa dei croceristi. Fotografano Venezia dall’alto. I veneziani brontolano, si lamentano, ma poi lasciano fare. Complici – tutti noi – della svendita al taglio della nostra città. Chi autorizza quell’elicottero a sorvolarla? Chi gli consente, con quel rombo incessante, di violentare i silenzi di Venezia? Quali rischi comporta un elicottero che va su e giù per più di otto ore al giorno? Chi ci trae guadagno? E chi risarcirà anche soltanto gli sguardi (per non dire l’enorme disagio degli abitanti di Santa Marta, loro sì assediati quotidianamente da tonnellate di lamiera, da nuvole di fumi di scarico, da onde elettromagnetiche; per non dire dei fondali e delle rive devastati dallo spostamento del tonnellaggio equivalente a quelle tonnellate di lamiera), ma anche solo i nostri sguardi, dicevo, violentati da quel contrasto indecente delle grandi navi che passano in Bacino San Marco? Il sindaco Orsoni, al quale va riconosciuto l’immane compito che si trova ad affrontare, e la sua capacità, nei giorni scorsi, di ottenere quei finanziamenti vitali per Venezia, in campagna elettorale aveva usato un’immagine: è come se decine di Tir passassero ogni giorno per Piazza Duomo. Non se ne dimentichi. E noi, veneziani, non compromessi nella svendita, diamogli una mano: svegliamoci!