Spiaggia a pagamento
Questo mio articolo è uscito qualche settimana fa sul Corriere del Veneto.
La stagione estiva è alle porte e, puntuali nemmeno fossimo in Svizzera, si scatena la creatività degli amministratori jesolani. L’ultima riguarda i pendolari, i turisti del mordi e fuggi, ai quali – forse – sarà richiesta una ulteriore gabola. La Swimming Tax. Uno o due euro di tassa per godere degli strepitosi e stupefacenti servizi che la spiaggia jesolana offre. Guai, da parte di quegli amministratori, porsi il problema di chi siano, i turisti pendolari, vale a dire non magari degli studenti squattrinati, precari o disoccupati. no, si tratta piuttosto di invasori rompiscatole, e allora che paghino, uno o due euro, per entrare il mattino e sparire la sera. E possibilmente non ritornare, grazie. Uso questo tono per adeguarlo a quello di chi ha lanciato questa proposta, che ha detto: “Anche due euro, se fosse il caso. Se il pendolare pretende, deve dare”. Certo, sì, dare, oppure andare. Andarsene altrove. Fuggirsene da un luogo diventato irriconoscibile e anche un po’ ostile. Stravagante, poi, la motivazione della tassa per il pendolare: “La spiaggia più frequentata d’Italia è il Mar Rosso, che per noi rappresenta la stessa concorrenza che la Cina fa al tessile italiano”. Geniale, e allora invece di sedurlo, il pendolare, lo allontani mettendogli la tassa. E come pagarla la tassa? Pare con una card da introdurre in qualche aggeggio delle docce. Per cui esci dal mare e devi preoccuparti, completamente fradicio, di recuperare la card, pensare a dove metterla, e alla fine, più semplicemente magari evitare di farla, la doccia. Ma chissà, capaci pure di mettere all’imbocco dello stabilimento di turno i tanto amati tornelli. E perché non uno ski pass, anzi, uno swimm-pass, con tanto di cellula fotoelettrica che potrebbe allietare chi sta disteso sotto al sole con una sequenza interminabile di melodici bip.
A guardarle da vicino sembrano proprio delle scelte autolesioniste. Dalle nostre parti si continua con l’idea che i nostri luoghi, intesi in questo caso come spiagge, siano inestimabili e insostituibili. Sembra, ad esempio, che agli amministratori di Jesolo non sia ancora giunta la notizia dell’esistenza dei voli low cost e che una settimana a Ibiza o in decine di altre località, costa la metà che a Jesolo. Non solo. Ovunque, nel resto d’Europa, le spiagge sono libere. Anche le più prestigiose, le più chic, le più belle. Libere, anche davanti agli hotel a cinque stelle, e liberi i servizi. Allora come fanno, potremmo chiederci, a guadagnarci? Con l’onestà e il buon senso. E in quei posti ti viene non solo spontaneo ritornarci, ma anche andare al bar o mangiare in trattoria o al ristorante. Perché è noto che il buon senso è virale, contagioso. Quando invece è la furbizia a prevalere, ebbene pure quella è contagiosa e così se gli amministratori delle nostre spiagge fanno i furbi, tanto più lo faranno i pendolari. I quali però già sanno bene come fare. Andarsene altrove, fosse anche soltanto a Caorle o Sottomarina o Bibione o Lignano, ché Jesolo, la strada dell’autolesionismo l’ha imboccata da qualche lustro, ormai. Ma forse, chissà, con quella tassa potranno finalmente coronare il loro sogno: fare Miss Italia a Jesolo. Vuoi mettere?