Venezia e gli impresentabili

Questo mio articolo è uscito sul Corriere del Veneto il 3 febbraio 2011.

Il Lido di Venezia è un posto bellissimo. Una striscia di terra che divide la laguna dal mare. E questo suo doppio affacciarsi lo caratterizza al punto da farne un luogo unico al mondo. Per questo è banale dire che si tratta della spiaggia dei veneziani. È riduttivo, perché poi il Lido non è soltanto zona turistica ma, soprattutto, zona residenziale. Al Lido scegli di vivere, di restare, nonostante i tempi lunghi quando e se devi raggiungere la terraferma. Il Lido è anche un luogo dell’immaginario, narrato da Thomas Mann in Morte a Venezia – portato al cinema da Luchino Visconti – e, più di recente, diventato sfondo dell’ultimo romanzo di Tiziano Scarpa, Le cose fondamentali. Per non parlare poi della Mostra del Cinema. Per decenni, il Lido ha attraversato le stagioni scandendole attraverso i suoi ritmi naturali, che, va da sé assomigliano quasi del tutto a quelli di Venezia. Il Lido non è né Rimini, né Saint-Tropez, dunque. Eppure, da un po’ di tempo, qualcuno ha deciso di forzare la mano, di fare violenza a questo luogo splendido. Prima con i lavori del Mose, poi con quelli del nuovo palazzo del cinema (finito dentro a quel calderone poco chiaro delle opere gestite dalla Protezione Civile) e infine ci mancava solo Lele Mora. Ora, che questo sia ormai un paese che non sa più provare vergogna, che non sa più distinguere quali siano i valori non soltanto di un cittadino, ma di un essere umano, è cosa ormai – ahimè – troppo evidente. Resta però sconcertante essere costretti a ritrovarsi qui, fra queste righe, per cercare sommessamente (e inutilmente) di dire che è da ottusi – quanto meno – rivolgersi oggi a un tizio del genere per “rilanciare il Lido”. Formuletta, poi, che fa sempre il suo effetto, ma che non significa nulla. Certo, domani diranno, come sempre ormai, che si trattava di una provocazione. E le provocazioni appartengono a chi è a corto di idee, di pensieri. Il Lido non lo rilanci con una passerella di ragazze pronte a tutto, né con le sfilate di moda. E chi lo vuole il rilancio d’immagine? Mica i cittadini del Lido. No. Gli albergatori. Che per qualche notte di tutto esaurito in più si sdilinquiscono dietro alle lusinghe di un personaggio quanto meno discutibile, se non equivoco (ma gli albergatori non li leggono i giornali? E il presidente della municipalità? Devo fare qui il riassunto delle telefonate del noto manager alle sue ragazze? Serve proprio?). Possibile che il Lido non sia in grado di fare da solo? Di coinvolgere le risorse presenti in città per il “rilancio”? E non è che forse, gli stessi albergatori che si lamentano hanno delle evidenti responsabilità e, magari, delle incapacità? Figuriamoci, è sempre colpa del prossimo, dalle nostre parti. Il Lido invece ha bisogno soprattutto di essere vissuta, ha bisogno di opportunità che siano rivolte prima di tutto a chi ci abita. Altro che Lele Mora, al quale – infine – dico subito, usando il suo stesso linguaggio, che sì, che è il solito “comunista moralista” (ma la differenza fra moralismo e morale non la conosce più nessuno?) a scrivere questo testo. Uno che preferisce addossarsi anche questa etichetta pur di non confondersi col teatrino squallido cui stiamo assistendo e del quale lui è una delle macchiette principali. Macchia in senso di onta. Di vergogna per un paese. Il nostro.