Lettera d’amore
Questo mio articolo è uscito l’1 marzo 2010 su il Venezia Epolis.
Ho ricevuto una lettera d’amore. Di quelle scritte su quei fogli che alle medie compravamo convinti di stupire le fidanzatine, un foglio che dall’azzurro, in alto, sfuma fino al bianco, in basso. Roba da fiaba, insomma. Una di quelle lettere che, puntuali, negli anni settanta ti ritornavano giustamente indietro appallottolate, e se non stavi attento, facevano pure male. Ma questa è l’epoca dell’amore, ci hanno detto, mica gli anni settanta. È una dichiarazione d’amore, la lettera, che parte dalla biografia dello spasimante. Tenta di sedurci confessando di essersi fatto da solo, nessuno gli ha regalato niente, e grazie a questo, è diventato ministro della Repubblica, che oggi conta ben più di un principe, anche se poi, a dire il vero, non si diventa ministri per concorso. Tenta di sdilinquirci proclamando l’amore per la nostra città, e prova a coinvolgerci in quella che definisce la sua meravigliosa avventura, diventarne il sindaco. La lettera d’amore di un ministro che vuole fare il sindaco della mia città, roba da andare in deliquio. L’azzurrino del foglio diventa nuvola, e lui ci svela di essere pieno di difetti, ma anche di pregi. Originale. E poi declama la sua coerenza, il suo essere sempre stato dalla parte dei deboli, dei lavoratori. Quei lavoratori che ha definito fannulloni e contro i quali ha scatenato la sua battaglia. Che, dice, sta vincendo. A questo punto della lettera, a te destinatario non può che battere forte il cuore, ma forse è meglio non dire il perché. Vuole riportare Venezia a essere un luogo bello in cui vivere perché, stando a Roma da anni, si è accorto che qui da noi si vive male. E dunque, continuando a stare a Roma, vuole occuparsene lui. “Considero questo l’impegno della mia vita”, scrive sul foglio sempre più degradante al bianco. Stare a Roma e fare il sindaco di Venezia. Ma, aggiunge che la decisione – per fortuna – spetta a noi. Il finale, quando il bianco è ormai candido, e ti viene in mente Biancaneve, è un delicato e avvolgente “Vi voglio bene” e la firma. Che bello. Sul foglio nessun altro riferimento, però è inevitabile non pensare al partito dell’amore. Amore per voi, per la città, per le poltrone. Amore spassionato e, soprattutto, disinteressato. Conquistati?