Terrorismi

Questo mio articolo è uscito il 6 gennaio 2010 sul Corriere del Veneto.

Sto per andare all’aeroporto di Treviso. Dentro lo zainetto, l’alimentatore del telefonino, quello della macchina fotografica, batterie di ricambio. Sono piuttosto preoccupato, dopo quello che è successo l’altro giorno a Palazzo Balbi, sede della Regione Veneto. Tutto fa brodo, oggi, nella periodica sindrome da attentato. Da anni, ormai, il prologo di ogni nostro viaggio è segnato da un obbligo ben preciso: dobbiamo dimostrare al mondo di non appartenere ad Al Qaeda o a qualunque altra sottospecie di cellula o formazione terroristica. È sufficiente la maldestra azione di un figlio di papà depresso (li avete letti i post in rete dell’attentatore di Amsterdam?), e le maglie della libera circolazione si restringono di volta in volta. Quando tempo fa un tizio riuscì a salire a bordo con dell’esplosivo liquido ne conseguì il divieto di introdurre qualunque bevanda o altro, ora che l’esplosivo era dentro le mutande… No, vi prego, questo no. Forse è vero, quel ragazzo poteva far saltare in aria l’aereo. Resta il fatto che lui, il terrorista, è passato, noi, invece, ogni volta coi pantaloni in mano, e l’imbarazzo per i calzini bucati, palpati davanti a tutti per il consueto e ovvio “buon viaggio” che sembra una presa per i fondelli. E poi, domanda ingenua: per quale oscuro motivo i terroristi, o presunti tali, avrebbero deciso di ostinarsi contro i blindatissimi aeroporti, lasciando perdere le ben più comode stazioni ferroviarie e i rispettivi treni (su questo troverebbero dei superesperti ancora a piede libero qui in Italia), o supermercati, o stadi. Macché. Fra un po’ prima di prendere un aereo ti faranno una tac, vedi mai che qualcuno si faccia trapiantare del tritolo. Sì, il tono è volutamente cinico, perché sarebbe arrivato il momento di guardare davvero in profondità questa infinita strategia della tensione. Prendete i regali dell’Enel agli assessori regionali. A parte il fatto di suggerirci l’altrettanto ingenua domanda del motivo per cui l’Enel debba fare dei regali a degli assessori, che sono dei semplici clienti di energia come tutti noi, ma questa è usanza tipicamente italiana (in molti altri paesi amministratori e governanti sono tenuti a rifiutare ogni presente onde evitare sospetti inevitabili), a parte questo, la fobia terroristica raggiunge vette da oggi le comiche. E come è stato letto il maestoso abbaglio veneziano? Come dimostrazione dell’efficienza di polizia e artificieri intervenuti in un battibaleno. Ne consegue un’ulteriore domanda ingenua: chi pagherà per il procurato allarme? Se io fra poco mi dimenticassi lo zainetto all’aeroporto di Treviso verrei premiato per aver consentito agli artificieri di dimostrare la loro tempestiva abilità? Non credo. Perciò, un’ultima ingenua domanda: qual è il vero terrorismo?