Blogger italiani, sveglia!
Questo mio articolo è uscito venerdì scorso sul Corriere del Veneto.
Venezia capitale della rete, intesa come web. L’Arsenale ha ospitato centinaia di navigatori che hanno disquisito di tutto ciò che si sa e non si sa riguardo a internet oggi. E c’erano anche un’infinità di blogger, additati da qualcuno come i nuovi maître à penser di questo terzo millennio. In parte è vero. Ci sono blogger capaci di condizionare la politica, di aggirare le censure, di organizzare rivoluzioni, di fare gossip come nessuna rivista mai. Tutto vero. Ma nessuno di questi blogger è italiano. La situazione, dalle nostre parti, è evidente. Il blog più famoso è quello di Beppe Grillo, non a caso già personaggio notissimo al di là del blog. Gli altri, alcuni bravissimi, vivono di una luce autoreferenziale, perché il blogger è letto dal blogger e, ovviamente, non è in grado di condizionare un bel niente. Forse è per questo, per provare a pensare di contare qualcosa, che si moltiplicano i Camp, momenti di ritrovo dei blogger, come capiterà, appunto, a Venezia. Il nostro paese, anche e soprattutto nell’ambito della rete, segna ritardi enormi. Che non sono solo tecnologici ma anche culturali. Prendete la politica. Barack Obama fino a pochi mesi prima dell’inizio delle primarie, era uno sconosciuto. È stata la rete, il suo sapiente utilizzo, a portarlo fuori dall’anonimato. E non ha più smesso. Anche oggi che è stato eletto presidente, non smette (lui e il suo staff) di intervenire su Twitter, su Facebook, a inviare ogni settimana una email agli iscritti alla mailing list del suo blog. E i politici italiani? Il blog di Flavio Zanonato, per dire di uno dei sindaci più attenti alla rete, uno che ti chiede l’amicizia su Facebook salvo togliertela non appena azzardi una critica, è fermo al 9 aprile 2009. Dopo la rielezione, non ha più sentito la necessità di aggiornarlo. Quello di Davide Zoggia, ex presidente della provincia di Venezia, ha un ultimo post datato 23 luglio 2009. Aggiornatissimi, va da sé, i blog di Bersani e Franceschini, anche se è evidente che non sono loro a gestirlo né, tantomeno, a scriverne. Questo vale anche per gli esponenti di spicco del centrodestra. Una che si dà da fare in rete è Debora Serracchiani, ma anche lei come tutti gli altri politici usa Twitter come se fosse un’agenda in pubblico: oggi vado di qua, domani di là, ho scritto questo e quest’altro sul mio blog. Poi vai sul suo blog, che è un sito vero e proprio, e scopri che è il più arzigogolato del mondo. Non ci si capisce niente, una struttura che solo un fisico quantistico, forse. Questo, in breve, lo stato delle cose nella rete italiana. Che altro non è, alla fine, se non lo specchio della sgangheratezza attuale di questo nostro paese.