Xenofobi e furbi
Questo mio articolo è uscito sabato 19 settembre 2009 sul Corriere del Veneto.
Si sono sempre presentati come qualcosa di nuovo, un partito di rottura col passato, con la Prima Repubblica, uno dei loro primi slogan era “Roma ladrona”. Si battono da anni per il federalismo e, a periodi alterni, pure per la secessione del nord (Marche comprese) dal resto del paese. Guai a chiamarli xenofobi, come puntualmente fanno tutti i giornali stranieri, progressisti o conservatori che siano. Loro non sono xenofobi, vogliono solo essere padroni a casa propria, e combattono – dicono – l’islamizzazione del paese. Guai a dirgli che sono sinonimi di xenofobia, questi atteggiamenti. Del resto, il vocabolario italiano non gli appartiene (come il tricolore), sono per la salvaguardia e l’insegnamento del dialetto, loro. Questa è, in sintesi, la Lega. Che, a parole, ha sempre voluto differenziarsi dagli altri partiti, salvo poi allearsi col più potente di tutti, altrettanto populista. Un alleato che ha consentito ai leghisti di entrare nella stanza dei bottoni, quella del potere. Da lí, dicevano, avrebbero ottenuto più in fretta i cambiamenti per cui si battevano. In parte, purtroppo, li hanno ottenuti (il pacchetto sicurezza, le ronde). Ma hanno subito attinto, anche, dalle peggiori consuetudini di quei partiti che tanto odiano. Ha incominciato a luglio la neoletta sindaco di Asolo, di mestiere avvocato, che ha visto bene di raddoppiarsi subito lo stipendio, imitata al volo dalla presidente della provincia di Venezia. Entrambe portabandiera della Lega. Chissà cosa ne penseranno i militanti, quelli a cui ancora dà piuttosto fastidio l’alleanza di governo. Ciliegina sulla torta, il figlio del Capo (sono loro stessi a chiamare Bossi in questo modo). Bocciato tre volte alla maturità, l’erede designato ha ottenuto alcune consulenze, fra cui per l’Expo di Milano, per uno stiendio mensile che, si dice, ammonti quasi all’equivalente annuale di un operaio. Insomma, ammesso e non concesso che la Lega non sia xenofoba, che si batta davvero per un federalismo serio, che le camicie verdi siano una goliardata (ma cosa dire di ciò che è successo domenica in un ristorante di Venezia?), ammesso e non concesso tutto questo, cosa pensa il leghista militante di questi picchi di avidità da parte dei loro dirigenti? Come giustificare questa ingordigia di potere per nulla dissimile da quella di certi partiti da loro sempre messi all’indice? La giustificheranno o inizieranno a pensare che, forse, qualcuno li sta prendendo in giro?