Calcio e società
Questo mio articolo è uscito lunedì 13 luglio su il Venezia Epolis.
Il fallimento del calcio a Venezia deve essere una lezione per tutti. Si tratta infatti di una conseguenza diretta di questa nostra epoca. Se si va ad analizzare la drammaturgia, la scansione degli episodi che hanno portato alla fine della SSC Venezia, la lettura non può che essere una: oggi, le promesse valgono più dei fatti. Ci siamo abituati, da troppi anni ormai, a dare fiducia a chi la spara più grossa. Affascinati – e non si capisce bene perché – da chi ostenta un potere che poi magari non ha. Attratti più dalla superficie che dal contenuto. Dai proclami più che dai pensieri che dovrebbero caratterizzare chi intraprende. Ci si sdilinquisce davanti a una fuoriserie, a un completo gessato, ci si commuove di fronte a una generosità fasulla che cerca solo facile consenso, che serve a coprire il vuoto che c’è dietro. Sì, quello che è successo a Venezia è una chiave di lettura dell’Italia di oggi. E il fallimento del calcio ci vede tutti responsabili, complici di questo sistema basato sulla credulità. Nessuno che si ponesse dei dubbi, nessuno che andasse davvero a vedere con chi avevamo a che fare. Nessuna inchiesta, nessun approfondimento da parte di chi aveva gli strumenti per farlo. Ma, ripeto, questa è l’epoca. Se dobbiamo scegliere fra qualcuno che, umilmente, a fatica, fa qualcosa, ottiene qualche piccolo risultato, e chi invece arriva e ci dice che lui può fare ben di più, ti promette risultati strabilianti, ti sorride e sfoggia la sua – apparente – ricchezza, noi, oggi, non abbiamo dubbi. Ci gettiamo nelle braccia di quest’ultimo fino a quando, è inevitabile, questo non ci lascerà in braghe di tela. Il disastro del calcio a Venezia avremmo potuto fermarlo facilmente, tutti insieme, se solo lo avessimo voluto, perché qualcuno capace di leggere fra le righe, qualcuno in grado di interpretare il sottotesto nascosto fra le pieghe di quei falsi sorrisi, dietro una facciata di cartapesta, qualcuno c’era, ma parlava al vento. Perché oggi, guardare un po’ più a fondo, saper osservare più lontano, decodificare comportamenti e linguaggi è visto come qualcosa di sovversivo. Vero. Sovverte l’immenso luogo comune, il terrificante abbaglio cui siamo vittime da troppo tempo ormai. La saggezza è un ostacolo, oggi. Intanto il disastro avanza. E distrugge.