U2, il racconto del concerto

Questo articolo è uscito sul manifesto del 10 luglio 2009.

P1030373Quando Bono, cantando Ultraviolet si aggrappa a un microfono che sembra venire giù dritto dal cielo, ho pensato che le passioni, le ossessioni, spesso sono un gancio per tenerci aggrappati alla giovinezza. Per Gianfranco Bettin e me è così, anche se poi, gli U2 sono ben altro, visto quanto e come sono entrati nei nostri stessi libri. Perciò partiamo per Milano, seconda data del 360° Tour, messa seriamente a rischio dallo sciopero dei benzinai. In macchina inizia il derby dei fans, giocato da un interista e un milanista, su chi ha visto più concerti. Stravince lui undici a cinque, del resto il milanista sono io e si sa come vanno le cose in questi ultimi tempi. Da anni, poi, non giochiamo più il match dei bootleg. Il divieto della vendita prima e l’avvento degli mp3 poi, ha reso impraticabile la sfida. P1030399Mentre sistemo batterie supplementari e schede di memoria nella macchina fotografica, riceviamo prima una telefonata che ci aggiorna sulla situazione degli arresti dei no global. Nell’altra, la notizia che il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva dei lavori del Villaggio Sinti di Mestre, voluta a tutti i costi dall’opposizione di destra. Evviva il rock, che qui in particolare non c’entra, ma che va sempre bene. Qualche cd di introduzione alla serata, non necessariamente U2, ma anche Springsteen, REM, Genesis e di coda c’è un accenno solo in uscita dall’autostrada. Poi, si inanellano una serie di colpi di fortuna che la dicono lunga di come sia diverso il nostro approccio a questo concerto rispetto al precedente visto insieme, Elevation Tour 2001, data di Torino, 21 luglio, noi in arrivo da Genova, dopo i due giorni infernali, tragici del G8, entrati a concerto già iniziato – imperdonabile per un fan – e che all’uscita ci riservò un’altra telefonata, direttamente dalla Diaz e via di corsa verso Genova. P1030424Stavolta è divertente constatare che siamo gli unici a entrare nel nostro settore, nessuna coda, e idem alla toilette, per un altro rito, irrinunciabile, pre-concerto. Dentro, gli Snow Patrol, ottimo gruppo, ben più che emergente, sta suonando davanti a una platea che si sta formando e perciò un po’ distratta. Mi sono sempre chiesto che cosa provi, il classico gruppo spalla, a sentirsi in sostanza un puro riempitivo. Si srotolano striscioni: “Add Bono to G8”, oppure quello dove si legge un numero di cellulare e sotto scritto “Edge call me”. Sono certo che se lo facessi lo troverei occupato ma non per colpa di The Edge. La struttura del palco fa impressione. Guardiamo ammirati quell’artiglio, o astronave, o quello che volete. Gianfranco fa un po’ di calcoli per capire in quale punto preciso dello stadio ci troviamo. Viene fuori che siamo in Curva Nord, quella interista, dove mai avrei pensato di mettere piede, un giorno. Gli Snow Patrol salutano e sull’enorme display dell’artiglio appare la scritta “Snow Patrol loves Milano”e sul palco gli addetti preparano gli strumenti per i quattro di Dublino. Il prato è pieno e a pochi metri dal palco ci sono delle toilette chimiche. Mi domando che effetto faccia fare pipì mente Bono canta dal vivo lì a due passi. Parte Space oddity, di David Bowie, ed è in perfetta sintonia con l’atmosfera spaziale di questo palco a 360° che dà il titolo al tour.
P1030418Un boato, naturale, li accoglie sul palco. Ma a San Siro il boato di quasi ottantamila persone bisogna provarlo per capirlo. Raccontarlo è impossibile. Io scatto e riprendo e da bravo fan voglio anche condividere e mando qualche mms e email. Poi cantiamo, come tutti, va da sé. Forse c’è anche un che di consolatorio in tutto questo. Condividere gli U2 non è solo una questione musicale, ma molto altro. Lo vedi – lo senti dentro, soprattutto – quando partono canzoni come Sunday Bloody Sunday o Angel of Harlem, tutti le urlano, più che cantarle. Ma il vero boato, che fa tremare San Siro, è quando Bono parla di Berlusconi, delle sue promesse non mantenute riguardo al debito dei paesi più poveri. Un boato fatto di urla, di fischi e, sì, di odio forse anche o di esasperazione e vergogna, quanto meno. E il nome di Berlusconi pronunciato qui, mi dà un senso di sporcizia. Poi però subito ritorna il rock. E i quattro continuano a percorrere i 360° del palco, corrono, saltano, suonano, cantano. Uno spettacolo enorme. Che sembra non finire mai, o non vorresti finisse mai, e poi infatti non finisce, perché va a sommarsi agli unidici di Gianfranco, ai cinque miei e ai chissà quanti di tutti quelli che sono qui e gli U2, allora, sono semplicemente la colonna sonora della tua vita, tutto qui. E alla fine, è rock anche la frenesia degli addetti che iniziano subito a smontare il palco mostruoso, e restiamo lì ad ammirarli mentre San Siro si spopola. Sparpagliando gli U2 in giro per le proprie vite. Le nsotre. Magnificient, oh oh oh.