Dieci anni senza De André

Questo mio articolo è uscito oggi sul Corriere del Veneto.

Dieci anni senza Fabrizio De André. E sembra un secolo. Saranno molti i concerti, stasera, nel Veneto e in giro per l’Italia, a sottolineare questa assenza. Perché se è vero che gli artisti non muoiono mai, che continuano a vivere nelle opere che ci hanno lasciato, è altrettanto vero che l’epoca che stiamo vivendo è di una bassezza tale, che di uomini come Fabrizio De André sentiamo una mancanza lancinante. Certo, è vero, basta ascoltare uno qualunque dei suoi dischi per rivivere ciò che è stato e avere una chiave di letture per l’oggi che stiamo attraversando. Vero. Questa è la forza dei classici. Però poi, quando la realtà di questo nostro paese si squaderna quotidianamente davanti ai nostri occhi in tutto il suo squallore, allora vorresti che ci fosse ancora, uno come Fabrizio De André, capace di leggere il presente attraverso i filtri della poesia, la lente della musica, e quell’insieme di parole e note che diventano un faro per chi, sprovveduto, fatica a capirlo, quello che gli accade intorno. Sì, provo una nostalgia struggente per Fabrizio De André. Come la racconterebbe, lui, l’Italia di oggi, mi domando. E ancora, però: sarebbe in grado di raccontarla, l’Italia di oggi? Non sarebbe stato anche lui sopraffatto dall’ignoranza, dal disinteresse imperanti. Dalla piattezza delle idee e dei valori. Non avrebbe fatto una scelta ancora più radicale di quanto già non fece quando si ritirò per anni in Sardegna, non avrebbe forse deciso di voltare le spalle allo squallore? Domande inutili, senza risposta. Inutile continuare a dirci che si sente la mancanza di artisti come lui, di intellettuali come Pierpaolo Pasolini, di scrittori come Italo Calvino. Forse sarebbero stati impotenti pure loro davanti a questo triste spettacolo. Già, tutto ci pare inutile, perché anche il patrimonio che ci hanno lasciato sembra avere perduto forza. Basterebbe riascoltare con attenzione La canzone del maggio di De André, o decine di altre, rileggere gli Scritti corsari di Pasolini, per capire cosa sta accadendo in questo paese. O certi romanzi di Calvino e di Sciascia. E invece anche il loro insegnamento sembra perduto, smantellato a colpi di stupidità mediatica e demagogia. Con profonda accuratezza si evita di citarli, di farli conoscere, di insegnarli. Sono a disposizione di tutti, certo, ma se poi nessuno te lo dice, nessuno che ti suggerisca come avvicinarli, come ascoltare le loro voci. Ecco, per questo sono importanti tutti i concerti che si terranno oggi a Padova, a Vicenza, in Italia. Perché anche in questo modo si salvaguarda la memoria. Facendo però in modo che non rimangano momenti consolatori e siano, invece, la rincorsa per un domani più consapevole e saggio. Con meno sciocchezze e più parole, più musica. Le canzoni di Fabrizio De André. Patrimonio inestimabile di un immaginario collettivo quasi perduto, ma da difendere in tutti i modi.