Venezia in (mala)fede

Questo mio articolo è uscito ieri sul Corriere del Veneto.

La visione d’insieme è suggestiva, obbligatorio togliere l’audio, però. Un campo di Venezia, Ss. Giovanni e Paolo, di notte, con le luci che si riverberano e tutto il resto. Una cartolina notturna in video, ancora più suggestiva quando la telecamera, sempre a inquadratura fissa, si sposta sul ponte e inquadra Calle Lunga Giacinto Gallina. Pietre d’Istria, rosso veneziano e il verde di un’edicola. Potrebbero tranquillamente essere delle immagini girate da un turista che piazza lì la videocamera per poi mostrare le immagini agli amici, ritornati a casa. Ma c’è l’audio, dicevamo, ahimè. Fosse quello autentico, si sentirebbe il silenzio di Venezia, pochi passi, sciabordio, l’eco di qualche motore di motoscafo. Invece c’è una voce che commenta, che pare proprio essere stata aggiunta in un secondo momento. Una voce che non dice di quale luogo si tratti, che ignora il fatto di essere di fronte all’entrata dell’ospedale, che sembra non sapere nulla della città. Dice solo che le notti veneziane sono a rischio, che i tizi che passano dentro l’inquadratura sono potenziali spacciatori. Poi la telecamera si sposta sopra al ponte e inquadra la calle. La voce parla di un’illuminazione messa di recente (ma esiste da decenni) dopo alcune aggressioni avvenute proprio lì, fa diventare potenziale delinquente un signore che rientra a casa, attribuisce un forse artefatto vociare fuori campo come proveniente da una discoteca o un bar, del tutto inesistenti in quella zona – non c’è nessuna discoteca a Venezia – e raggiunge il suo apice quando all’orizzonte appaiono due ombre e la voce fuori campo, impaurita, chiede al cameraman di fermare lì. Questo “servizio giornalistico” è andato in onda sabato 11 ottobre su Sipario Tg4 e la voce fuori campo è quella del suo direttore, Emilio Fede. Verrebbe da definire questa sua ennesima performance nel modo che si merita, ma di quello, speriamo, si occuperà il sindaco Massimo Cacciari, di difendere la dignità della città più tranquilla e sicura d’Italia. Ci penserà lui a esprimere l’indignazione di tutti quei veneziani che, incappati su quelle immagini – e quel commento, soprattutto – sono saltati dalla poltrona. Purtroppo, non stupisce più questo modo di fare “informazione”. Bisogna mantenere alto il livello di paura, vera, reale, da infondere a dosi massicce al telespettatore cittadino. Evidentemente non basta più la cronaca urlata, sbandierata ad arte, quella che riempie i nostri tg a qualunque ora, e che ha trasformato sguardi e coscienze, al punto che percepiamo ormai il nostro paese come una sorta di immenso Bronx diffuso,dove anche i campi e le calli di Venezia devono necessariamente diventare zone off limits, anche se non lo sono, né lo sono mai state. Guardato con la giusta dose di buon senso, il “servizio” di Fede diventa suo malgrado una chiave di lettura di quest’epoca in Italia: spacciata in un modo, percepita in un altro. Un’epoca vittima del business politico della paura, da diffondere ovunque, in ogni modo possibile.