Sindaci sceriffi
Questo articolo è uscito sabato scorso su il Venezia Epolis.
Ha ragione il prosindaco di Treviso, Gentilini. Del resto, lui e tutti i suoi colleghi leghisti (ma non solo leghisti), sono davvero esperti in materia. Lui lo sa bene, e quando dice che l’apertura del fascicolo a suo carico per l’ipotesi di istigazione all’odio razziale, finirà in un nonnulla, ha ragione. In questi anni, parole
e atteggiamenti che in qualunque altro paese avrebbero sancito la fine politica, una conseguenza giudiziaria o, quanto meno, l’emarginazione dei responsabili, qui, non solo non sono state perseguite, ma sono servite da base di lancio per carriere di consiglieri comunali, sindaci, governatori, ministri. C’è stata in questi anni un’altra istigazione, non perseguibile ma non per questo meno dannosa: l’istigazione alla paura. Diventata via via un vero e proprio business politico. Ci sono partiti perfettamente consapevoli che il loro consenso sarà cospicuo solo se il clima di paura costruito ad arte continuerà. Fondano su questo la propria stessa esistenza. In questo paese, dunque, quelle parole indecenti, sciocche, offensive, sono diventate un patrimonio di voti, da raccogliere con facilità. Una volta, se volevi entrare in politica, dovevi prepararti, studiare, informarti. Oggi, basta soltanto spararla grossa o, come lo stesso Gentilini afferma, dire quello che dice la gente per strada. Non hanno più nulla da insegnare, oggi, gran parte dei politici. Si limitano a ripetere ciò che essi stessi, opportunamente e puntualmente, predicano da anni. Un lavoro capillare, svolto nelle teste (attraverso la tv) e nel territorio (attraverso quella presenza di cui la Lega è maestra). Per questo non succederà nulla, né a Gentilini, né ad altri. Ormai il disastro è compiuto. La devastazione delle coscienze realizzata. E allora le aggressioni quotidiane, le spedizioni punitive, i sindaci sceriffi, le bande di picchiatori minorenni, i vigili maneschi, si moltiplicheranno, rese “legittime” perché conseguenza diretta di quelle parole rimaste impunite e liquidate troppo spesso come folklore. Un folklore che si sta trasformando sempre più spesso in violenza, dalle parole al sangue. Chi avrebbe mai immaginato che noi italiani – gente che il razzismo lo ha subito per decenni sulla propria pelle di immigrati – ci saremmo trasformati in questo modo?