Volare Alitalia
Questo reportage è uscito venerdì scorso sul Corriere del Veneto.
Incomincia male il volo Alitalia AZ 1559 da Cagliari a Venezia. Al check in scopro che a bordo puoi portare solo cinque chili. Perciò la trolley comprata apposta per non essere imbarcata, deve invece – insiste l’hostess – essere imbarcata. L’unica compagnia ad attuare limiti tanto rigidi. Fosse stato qualche mese fa, mi sarei fatto sentire, ma oggi, con quale spietatezza potrei scagliarmi contro la hostess che sta dietro al banco? Quando vede il mio viso perplesso
inizia a elencarmi il decalogo Alitalia dei bagagli da portare a bordo. “Fino a venerdì”, mi scappa da dire. Lei si interrompe, tace, e poi: “Già, fino a venerdì”. Sarebbe stato meglio tacere. Così come non avrei dovuto replicare sbottando alla ragazza che, poco più in là, mi proponeva le Millemiglia Alitalia. È sorprendente, ma tutto sembra procedere come se niente fosse. Come se una delle compagnie di bandiera più prestigiose del mondo non fosse sull’orlo del fallimento. C’è questa silenziosa forma di resistenza che si concentra esclusivamente sul fare e lì, all’aeroporto di Cagliari Elmas (ma dev’essere così ovunque), riceviamo tutti una nobile lezione da parte degli impiegati Alitalia. Chissà come devono sentirsi, però, bersaglio di ironie, di battute a volte spietate. Non è mai stata molto amata, l’Alitalia, prezzi troppo alti e quest’idea, oggi ridimensionata, di trovarsi di fronte a dei lavoratori privilegiati. La vicenda di queste settimane, invece, sembra aver riavvicinato i passeggeri alla propria compagnia di bandiera. Perché anche qui, all’aeroporto di Cagliari, dopo qualche battuta, qualche sottolienatura sventata, come la mia di poco fa, si fa spazio una sottaciuta ma evidente solidarietà. Perché ci vuole una professionalità enorme, per svolgere in queste condizioni un mestiere così delicato.
A bordo, tendo l’orecchio, ma le hostess parlano per ora di quanto male faccia l’Aulin. Una di loro ha mal di testa. Colpa dello stress di questi giorni, mi dico. Il tavolino davanti al mio sedile è traballante. Resta chiuso solo se ci lascio appesa la giacca. Non mi era mai successo prima d’ora. Segno dello stato delle cose in Alitalia? Penso a quell’articolo che parlava del rischio incidenti, guardo l’ala di questo Md 80 dal finestrino e mi vengono i brividi. Le divise delle hostess, così abituato a vederle in televisione o sui giornali, hanno una tonalità di verde diverso, viste qui, dal vivo. Il comandante saluta, ci informa sul viaggio e annuncia, oltre al resto, che fra poco ci verrà offerto uno snack, e infatti, quando passa il carrello, ciò che ci sta sopra è ancora di qualità, la coca è coca, il tè caldo ha la giusta temperatura e il grado d’aroma di un vero tè, versato da una grande teiera e non da un termos, e poi è rassicurante constatare che non si è perso il rito della salvietta umida, che conserverò sigillata, il marchio Alitalia leggermente graffiato. Segno del destino. Sul giornale leggo gli articoli dedicati alla trattativa e fa uno strano effetto di mimesi, qua dentro, hostess e steward che mi passano accanto. L’aereo tocca terra, e sarà forse suggestione, ma quando il comandante saluta, quando ringrazia, “grazie per aver volato Alitalia”, c’è una lunga pausa, colma di commozione, colma di nostalgia, mi pare, fra “volato” e “Alitalia”. Alla fine, uscendo, siamo in tanti, forse tutti, ad aggiungere, oltre all’abituale saluto, gli auguri, o in bocca al lupo all’equipaggio schierato all’uscita. Aspetto la mia trolley, fuori misura solo per l’Alitalia, e il mio vicino non si è accorto di essersi portato via, appeso al maglione, il telo poggiatesta del sedile. Glielo dico. “Be’ – dice guardando quel marchio che ha accompagnato la nostra vita, riempito il nostro immaginario – così avrò un souvenir dell’Alitalia”, e sorride. Fuori, aperte le porte, un’infinità di tizi, oltre le transenne, tengono in vista cartelli con nomi strani, aziende x o y. Ho sempre pensato quanto sarebbe bello, un giorno, dire sono io, e diventare un altro, cambiare vita. Da oggi, potrebbe essere un pilota Alitalia, penso, a scegliere di farlo.