Marie Trintignant, vent’anni dopo
Vent’anni fa l’attrice Marie Trintignant veniva uccisa a botte dal suo compagno, il cantante dei Noir Désir, Bertrand Cantat. Il giorno dopo, sulla Nuova Venezia, Mattino di Padova e Tribuna di Treviso, usciva questo mio articolo.
Sgomenta ascoltarli oggi, i Noir Desir. Anche quel brano così struggente qual è Le vent nous emportera, canzone sinuosa, delicata, soffiata via dalla voce sussurrata di Bertrand Cantat, ti scivola normale in cuffia, ma dentro, nel profondo, ti graffia, ti scortica. Ti contorce le budella immaginare gli occhi di Marie Trintignant, il suo viso, e pensare che è stata uccisa dalla voce che stai acoltando. Ti scombina l’immaginario, ti sconvolge la scansione di un ordine ideale che, evidentemente, non esiste. I sentimenti, l’amore, quella cosa che non abbiamo mai capito bene cosa sia e tocca allora idealizzarla. Che c’è quindi di più perfetto, di più scritto e scontato – e di assolutamente invidiabile, anche – della coppia cantante-attrice? Si staglia lì, nell’olimpo delle favole. Sono al tempo stesso ciò che vorremmo essere e ciò che vorremmo amare. Perfetto nell’ambito della drammaturgia da feuilletton. Ma ancor di più, in questo caso: perché lei è figlia d’arte, figlia di un mito del cinema, Jean-Louis Trintignant (bastano come titoli Il sorpasso, con Gassman, e Film rosso di Kieslowski? Bastano, sì). Lui è il cantante e l’autore delle musiche e dei testi dei Noir Desir, l’unico gruppo rock francese ad aver ottenuto un successo internazionale con proposte di assoluta qualità, vedi l’ultimo album Des visages et des figures, bellissimo. Un gruppo dai nobili ideali, Cantat è uno capace di rifiutare un contratto da un milione di dollari che voleva trasformare Le vent nous emportera in un tormentone da spot televisivo per una multinazionale. I Noir Desir sono, insieme al loro amico Manu Chao, un punto di riferimento del movimento no-global. E fai fatica, ti scortica, appunto, ascoltare questi testi che sognano un mondo migliore, multirazziale, schierato da sempre in prima linea a favore dei sans-papier, pensando, mentre ascolti, che il creatore di tutto ciò ha compiuto il peggior gesto possibile: ammazzare di botte la donna che amava e condannandosi, al contempo, alla pena più atroce: sopravviverle.
È già successo e succederà ancora, certo. Ma quando tocca icone del tuo immaginario, è diverso, e contraddittorio, anche. Per questo fa ancora più male, adesso, mentre ascolti lui cantare I am lost, sono perduto. Diranno che si intuiva tutto già dai suoi testi (come già hanno detto per Jim Morrison, Kurt Cobain, Syd Vicius). Diranno che i geni hanno connessa alla loro illuminata brillantezza, una incontrovertibile ombra maledetta, e che perciò gli artisti sono maledetti di per sé e terribilmente affascinanti, ovvio, e che anche lei lo era. Che l’amour-passion – ce l’hanno insegnato cinema e letteratura – è invincibile, incontrollabile. E lo penserò pure io (forse, ma spero di no) anche se adesso, mentre riascolto la struggentissima Le vent nous emportera e immagino il volto bellissimo di Marie Trintignant devastato di botte, uccisa dall’uomo che amava, mi dico che il geniale, maledetto e affascinante Bertrand Cantat è solo un gran pezzo di merda.