Musica in Piazza

Questo mio articolo è uscito venerdì 30 giugno sui quotidiani veneti del gruppo GEDI, Nuova Venezia, Tribuna di Treviso, Mattino di Padova, Corriere delle Alpi.

Dei concerti cui abbiamo assistito negli anni conserviamo più o meno tutti qualche cimelio. I biglietti (io in particolare quello dell’ultimo concerto dei Nirvana, il 27 febbraio 1994 a Lubiana, con un Kurt Cobain già stralunato, immobile, assente), qualche maglietta celebrativa (quella dello Zoo Tv Tour degli U2 del 1993, Torino, 12 luglio), alcuni di noi – smaliziati e di una certa età – hanno in casa l’audiocassetta della registrazione di alcuni concerti anni settanta (custodisco con cura, fra le altre, una Tdk di Pino Daniele a Mestre il 16 novembre 1981, il concerto della guerriglia urbana fuori dal palasport che ancora non si chiamava Taliercio, il fumo dei lacrimogeni fin dentro, sugli spalti). Cimeli, feticci che ogni appassionato colleziona con cura maniacale. Oggi è tutto più facile, coi telefonini, i social, gli store on line. Adesso, la maglietta del tour puoi averla a casa prima che inizi il tour, i concerti sono trasmessi in streaming, e se Chris Martin canta Napul’è di Pino Daniele allo stadio Maradona, il video diventa virale in pochi secondi. Così come quello – struggente – di Lewis Capaldi, qualche giorno fa, ammutolito dalla sindrome di Tourette sul palco di Glanstonbury e preso per mano vocalmente dalle migliaia di fans che hanno cantato per lui. Altri tempi, gli attuali. Però poi il rituale del concerto dal vivo è sempre lo stesso, e porta con sé, anche oggi, qualcosa di immateriale, di imprendibile dagli smartphone, che impreziosirà e renderà unico quel concerto nella nostra memoria: il contesto, il luogo dove quella sera si è suonato. E allora ci sono gli stadi, certo, e gli U2 a San Siro (7 luglio 2009) avranno di sicuro uno spazio importante nel mio immaginario, così come David Sylvian “unplugged” al Teatro Toniolo di Mestre il 23 ottobre 1995 o ancora Lou Reed e Laurie Anderson nel meraviglioso quadro del Teatro Verde dell’isola di San Giorgio il 15 giugno 2002. Tutti indimenticabili. Poi, ci sono i concerti in Piazza San Marco. E lì, il contesto, il luogo, sono imponenti, imbattibili. È come se si svolgessero dentro la storia, i concerti in Piazza San Marco. La Storia con la s maiuscola, la storia dell’arte, la storia dell’architettura.

In tanti hanno suonato in Piazza, da metà anni settanta. Forse il più affezionato alla Piazza è proprio Paolo Conte, che vi tornerà per la terza volta il prossimo 9 luglio nell’ambito del Venezia Jazz Festival, suonerà con l’Orchestra della Fenice. Il suo esordio in Piazza è stato il 16 giugno 2001, invitato dallo scrittore Daniele Del Giudice a chiudere la terza edizione di Fondamenta, la manifestazione culturale che aveva ideato e diretto. L’invito a chiudere la prima edizione, nel 1999, Del Giudice lo fece a Patti Smith, la poetessa del rock, il 6 giugno, musica e poesia, Because the night e Ezra Pound recitato con la sua inconfondibile voce.

Ma il primo di tutti a suonare in Piazza è stato Paul McCartney, con i Wings, il 25 settembre 1976. Ero troppo giovane e ancora in castigo per le materie portate a settembre per chiedere ai miei le quindicimila lire per il biglietto. Insieme a Leonard Cohen che suonò il 3 agosto 2009, sono i due che più rimpiango di avere perduto.

Il concerto dei concerti, però, quello entrato subito nella storia del rock e nella storia di Venezia, lo abbiamo vissuto (sì, vissuto, non soltanto visto) il 14 luglio 1989. I Pink Floyd in mondovisione, un live che sta accanto a Woodstock e al Live Aid. Il palco galleggiante ancorato in Bacino San Marco, perfettamente allineato, in prospettiva, alle colonne di San Marco e San Todaro e inquadrato da ogni angolo possibile da decine di telecamere. Una scenografia speculare, paradossale anche, le luci laser e i riff di David Gilmour da una parte, Palazzo Ducale e la Basilica di San Marco dall’altra. Un oltraggio, secondo alcuni, un miscuglio di storie, di culture e di generazioni per altri. Qualcosa di epocale, insomma, nel bene e nel male. Per settimane andò avanti un tira e molla fra pro e contro il concerto. Alla fine non successe niente di niente, quel giorno, nemmeno un masegno fu scalfito, nonostante in tanti temessero la presunta rozzezza del popolo rock, e nonostante manipolazioni politiche e servizi televisivi artefatti.

Paul McCartney, i Pink Floyd, Patti Smith: in Piazza San Marco non possono che avvicendarsi i totem della musica contemporanea. Alcuni di loro hanno suonato in Piazza grazie a Gino Strada e Emergency. Ha fatto ritornare David Gilmour, due date nell’agosto del 2006. L’immenso Franco Battiato il 5 luglio 2007 (di lui, come cimelio, dieci anni prima, ho tre giorni passati a casa sua, a Milo, per girare il video di Strange Days insieme a Enrico Ghezzi), Peter Gabriel il giorno dopo (imperdibile per chi, come me, quando se n’è andato dai Genesis, nel 1975, ha smesso di ascoltarli, i Genesis, e continuato ad ascoltare lui). E poi Sting e il suo Symphonicity il 29 luglio 2011 insieme all’Orchestra della Fenice, una serata resa ancora più indimenticabile da un’altra delle caratteristiche uniche della Piazza, l’acqua che poco prima del concerto ha iniziato a sgorgare fresca dalle zone più basse e noi fans dei Police, lì, chi accoccolato sulle sedie, chi a fare sciaff sciaff a piedi nudi, i “foresti” stupiti, tutto un “oh” e un “ah”, i veneziani meno, tutti pronti a cantare Roxane e Message in a bottle.

Domenica 9 luglio ritorna Paolo Conte a Venezia. Chissà quale cimelio mi porterò a casa questa volta.