25 aprile 2016, Venezia

Il 25 aprile per me è una data cruciale. Dal punto di vista privato, anzitutto, perché è l’anniversario di matrimonio dei miei genitori (stiamo andando a festeggiare il loro cinquantasettesimo). Poi è il giorno del patrono della città dove sono nato e dove vivo, Venezia. Infine, è il giorno dellaLiberazione dal nazifascismo, il 25 aprile 1945. L’ordine di questo elenco non è in base all’importanza che do ai tre momenti. Vivono dentro di me ciascuno con la sua dose di significato e di sentimenti.


Però poi, quando vedo che degli idioti (chiedo scusa, ma non saprei come altro definirli: “persona rozza, priva d’istruzione”, dice il vocabolario Treccani) questo pomeriggio si daranno appuntamento in Piazza San Marco per celebrare una visione retrograda e ridicola di una Venezia che per fortuna non c’è più da un paio di secoli circa, allora rivendicare il 25 aprile come data della Liberazione diventa non solo doveroso, ma da urlare a squarciagola. 

Gli idioti (persona rozza, priva d’istruzione, vedi dizionario), sventoleranno gonfaloni di San Marco e rivendicheranno indipendenze assurde, celebrando quei quattro deficienti (vedi sempre dizionario) che una ventina di anni fa assaltarono il campanile di San Marco con un carro armato finto e però funzionante e con dei fucili d’epoca però pronti a sparare. 

L’occasione, a questi tizi, gliela dà ovviamente un loro omologo, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e la sua giunta. Il sindaco ha deciso di trasformare la festa del patrono della città in un evento antistorico, reazionario, stupido. Una volta, a bordo di un treno, ebbi la sventura di trovarmi nella stessa carrozza con dei “leader” di uno di questi movimentini (sono decine, composti da ciascuno da infime unità di aderenti). Uno di loro si alzò in piedi e incominciò a sproloquiare su Rivoluzione Francese, su Garibaldi e Mazzini, dimostrando di mistificare la Storia a proprio uso e consumo. Gente – ovvio – che la Storia se l’è letta, manipolata, da libercoli autopubblicati da loro stessi. A un certo punto non ce la feci più di stare ad ascoltare certe idiozie e bastarono pochi secondi di cenni storici da scuola elementare per farlo tacere.

Per questo a me, iscritto all’Anpi, la sezione dei fratelli Rosselli di Parigi, fa schifo sapere che il sindaco della mia città (inadeguato a guidare anche soltanto un condominio), uno che ignora qualsiasi cosa riguardi Storia, cultura, sapere, autorizzi una cosa del genere. La organizza e, non solo, ci parteciperà attivamente, intervenendo dal palco e chissà allora quali perle (fucsia) pronuncerà.

A piazzale Roma ho faticato a non mandare a quel paese gente che arrivava nella città più internazionale d’Italia dal Veneto più profondo e becero, quello che da decenni vota Lega e offusca quell’altro Veneto, del volontariato e della solidarietà. Gente che oltre al gonfalone veneziano (del quale abusano) sventola le bandiere della Catalogna e delle Fiandre. Che ne sapranno questi qua di Catalogna e Fiandre? E per fortuna che uno degli assessori di Brugnaro ha detto che a sventolare sarebbero state solo le bandiere di San Marco, sottintendendo che il tricolore dovrà stare fuori dalla Piazza, il giorno della Liberazione dal nazifascismo.

Sì, meglio andarsene da questa Venezia in mano agli idioti. E non soltanto oggi.


P.S. Alla fine, come si vede dalla foto, solo qualche centinaio, gli idioti (“persona rozza, priva d’istruzione”, dice il vocabolario Treccani) che dall’entroterra sono calati a Venezia usurpando sia il luogo, sia il simbolo di San Marco. I veneziani non hanno esitato a dir loro che il gonfalone è della città e non della regione tutta e che se ne ritornassero pure in campagna, da dove arriva fra l’altro il sindaco di Venezia. Sindaco che comunque ha parlato dal palco – ahimè – consentendo al manipolo di indipendensti di ritornare a casa gongolanti, visto che ora hanno come riferimento il primo cittadino della città. Una vergogna, che noi veneziani ci siamo comunque cercati.