Perle fucsia. Le repliche del sindaco di Venezia.

  Il nuovo sindaco di Venezia non perde mai un’occasione. Da quando è stato eletto sta portando avanti un unico punto, peraltro assente nel suo programma fucsia. Un punto che per ogni sindaco, o figura istituzionale in genere, rappresenta un limite di credibilità, un eccesso di autorevolezza che però, in questo caso, è solo ostentata e a volte spudorata autorità. Il punto invisibile del suo programma non ha nulla a che fare con la concretezza, con il cambiamento. È qualcosa di astratto ma estremamente dannoso per la città, per noi cittadini, per l’immagine di Venezia nel mondo: lo sproloquio. Quello del sindaco di Venezia è uno sproloquio continuo, quotidiano, incessante, che sta diventando una specie di fastidioso rumore di fondo, su temi spesso buttati là a vanvera, a lui del tutto sconosciuti, ma sui quali ritiene comunque – dall’alto di una vanità sconcertante – di dover intervenire. Il risultato sono – quasi sempre, a parte quando interviene sul basket, forse – delle puntuali e sonore figuracce. Come questa, fatta il 18 settembre 2015 sulle pagine di Repubblica. Un paio di giorni prima il professor Salvatore Settis aveva scritto un illuminante articolo dedicato alla bellezza. Nell’articolo riprendeva alcuni passaggi dedicati alla bellezza di Venezia, tratti dal libro Fondamenta degli incurabili di Iosif Brodskij, articolo che potete leggere qui.

Ora, se per qualunque motivo io avessi la fortuna e, soprattutto, l’onore di ricevere una critica da parte di Salvatore Settis, tacerei. Leggerei e rileggerei quel che eventualmente mi rimprovera, e ne farei tesoro, perché da uno come il prof. Settis, io ho solo da imparare. Poi magari rimarrei comunque sulle mie posizioni, ma tacerei e ringrazierei. Questo, dovrebbe fare un sindaco: prendere la critica di un luminare come se fosse una prestigiosa consulenza, peraltro gratuita, vista l’ossessione che il sindaco di Venezia ha per “i schei”. Tacere, certo, ma a lui proprio non riesce. Lui deve rispondere, replicare, contraddire. Poco importa chi sia l’interlocutore (ammesso poi sapesse, anche in questo caso, chi fosse il suo interlocutore). Crea trambusto, parla, parla e parla nel tentativo di creare, fra l’altro, un diversivo– maldestro – alla sua inadeguatezza al ruolo che ricopre. La lettera del sindaco di Venezia è uno strabiliante assist per la controreplica, secca e fatale, del prof. Settis. E dato che è abbastanza evidente che il sindaco non avesse capito il senso dell’articolo del prof. Settis, di sicuro conoscerà e capirà quel detto veneziano: Peso el tacòn del sbrego. Peggio il rattoppo che lo strappo. Ecco, in questo il sindaco di Venezia (e il suo staff) è un vero maestro. Siamo tutti lì, a sperare che finalmente la finisca con sproloqui, interventi, repliche, tweet, e incominci ad amministrare (amministrare, non comandare) la città che ahimè lo ha scelto come sindaco. Ma la speranza sembra ahimè vana e del tutto mal riposta.