Studiare da politici (non solo a Venezia)

L’altro giorno, un professore di Sciences Po, qui a Parigi, un professore italiano, mi diceva che uno dei problemi evidenti e riconosciuti dell’Italia di oggi (ma anche di ieri, direi) è la mancanza di una formazione specifica, di una seria scuola che insegni come si fa politica, come si diventa amministratori di uno Stato o anche più semplicemente di una città, di un villaggio. Da noi impera la convinzione che vuole la politica alla portata di tutti. Vero, ma fino a uncerto punto. La politica è e deve essere a portata di chiunque, ma quando poi si decide di candidarsi a parlamentare, a sindaco, a governatore o anche solo a presidente di municipalità, poi lì no. Lì non è per tutti, anzi. Chi te la insegna, allora la politica? E, soprattuto, l’etica della politica? Chi te ne insegna i valori, i comportamenti? Qui, da noi, nessuno. Vero, una volta c’erano le scuole di partito, ma non è la stessa cosa e comunque non ci sono più. E laddove non esistono le scuole, dovrebbe scattare il buon senso, l’umiltà, il senso del limite, l’autocritica. Chiedersi: sono in grado? Non sono in grado? E invece dalle nostre parti scatta non l’umiltà ma il suo contrario, la megalomania. Soltanto in Italia, ad esempio, gira ormai da troppo tempo la convinzione improbabile che uno che ha avuto successo come imprenditore possa amministrare un paese intero o, nel caso di Venezia (eventualmente, vincesse il candidato di destra), una città. A noi italiani piace che la classe dirigente si sia fatta da sé (e poco importa come) e non che abbia invece studiato per questo o, quanto meno, che abbia fatto un po’ di gavetta in giro. Allora dovrebbero essere i partiti a fare un po’ di selezione, ma figuriamoci. Quindi alla fine spetta a noi. Tocca a noi andare a guardare i curricula dei candidati, andare ad ascoltarli, capire chi ha le competenze e chi no. Salvo poi, questo è il punto, essere molto spesso attratti più da quello con l’ego spropositato che dal discreto e però più credibile. Ci affascina quello che la spara più grossa e non quello che ci dice le cose come stanno. Per questo, non essendoci filtri culturali o istituzionali (una scuola in grado di formare la futura classe dirigente), dobbiamo arrangiarci come possiamo. Facendo attenzione, osservando anche soltanto le sfumature, i particolari di una personalità, di un carattere, di un comportamento. Allora, detto tutto ciò, e dando un’occhiata all’articolo qua sotto, viene da chiedersi: può uno che si comporta in questo modo fare il sindaco di una città così importante e internazionale com’è Venezia? Ognuno risponda a se stesso.