Laguna ghiacciata
Questo è l’articolo uscito il 7 febbraio 2012 sul Corriere della Sera.
Non le avessimo viste fin da piccoli, quelle foto, quando non solo Photoshop, ma anche i computer erano pura fantascienza, avremmo pensato a qualche filtro, a una manipolazione. Perché la laguna ghiacciata, su dài, solo un abuso di spritz, o di «ombre» può spingerti a immaginarla. E poi c’è pure il surriscaldamento del pianeta, l’effetto serra, il buco dell’ozono. Eppure. Eppure in quel lontano 1929 successe, e non solo da bambini ci siamo incantati davanti a quelle immagini di veneziani che se ne andavano a piedi dalle Fondamente Nuove all’Isola di San Michele, il cimitero, e poi a Murano. Camminando sull’acqua. Un miraggio. Le abbiamo guardate per ore, quelle foto, pensando a quale strepitoso e inedito punto di vista fosse, quello di scorrazzare a piedi lungo i canali diventati sentieri ghiacciati. Trovarsi a piedi nel bel mezzo della laguna. Guardavamo, incantati, e i più grandi ci dicevano che non sarebbe mai più accaduto. Per fortuna esistono queste foto, aggiungevano. E invece. Invece sta succedendo di nuovo. Giorni e giorni sotto zero e la laguna ritorna a ghiacciarsi. Certo, dal ’29 a oggi era già capitato, ma giusto degli accenni, non i quattro centimetri di spessore che domenica mattina un rimorchiatore attrezzato ha fatto a pezzi, nel canale che costeggia il Ponte della Libertà, per liberare la principale via d’acqua per il trasporto delle merci fra la terraferma e Venezia. Uno spettacolo che ha fatto il giro del mondo, l’unico, forse, capace di trasformare i veneziani in turisti, usciti di casa muniti di macchinetta digitale, a caccia di foto memorabili, perché chissà quando succederà di nuovo. Clic e via la foto memorabile, subito su Facebook, su Twitter, perché anche nell’epoca della riproducibilità assoluta, con le foto simili a quelle che hai appena fatto già on line e scattate da professionisti, resiste comunque il desiderio di esserci stati, di essere testimoni del momento. E che sorpresa poi, che spettacolo, mentre ritorni a casa, in vaporetto, passare in mezzo a quel quel ghiaccio, rotto qualche ora prima dal rimorchiatore, e arrivato fin davanti a Piazza San Marco, trasportato dalla corrente. Il 2012 come il 1929, a Venezia. E adesso, vederle così chiare, scritte l’una accanto all’altra, queste date, viene quasi un brivido. E la temperatura non c’entra. No. Com’è che la laguna gela proprio quando c’è una grande crisi economica? Ci sarà mica un nesso, no? Sarà mica ancora qualcosa che ha a che fare coi Maya? Oppure si tratta di coincidenze? Ma sì dài, pura coincidenza. E il gelo non è ancora finito. Dicono durerà ancora una settimana, più o meno. E il rischio – la speranza, per tanti – che si arrivi davvero a quella lastra calpestabile come nel ’29 è concreto. Con una consapevolezza, ahimè. Che quel dannato rimorchiatore attrezzato a rompere il ghiaccio, entrerà subito in azione, a impedirci di provare l’emozione che provarono i nostri avi, di andare a piedi fino a Murano. Maledetta modernità, verrebbe da dire. Esagerando un po’.