Semplificando Venezia e il Veneto

Questo mio articolo è uscito qualche settimana fa sul Corriere della Sera.

Ci mancavano solo il Canal Grande, idealmente cancellato dalle mappe della città cui appartiene – va da sé – per sua stessa natura, Venezia, e poi il Veneto,non annesso all’Italia. A quali altri maldestri e sconcertanti episodi dovremo ancora assistere? Perché ve ne sarete resi conto, non passa giorno che non ci riservi sorprese inaudite. Inimmaginabili. L’ineffabile Ministro per la Semplificazione (l’Italia è l’unico paese al mondo ad avere un tale ministero e quando lo racconti all’estero scatta puntuale la risata) inavvertitamente ha fatto diventare Venezia e il Veneto vittime loro malgrado della Grande Semplificazione. Perché se è vero che siamo un paese con troppe leggi, non è semplificando (e, soprattutto, semplificando in questo modo) che si risolve il problema. La semplificazione ha poco o nulla a che vedere con la semplicità. La prima implica delle scorciatoie spesso impraticabili, la seconda la costruisci di sana pianta, dal nulla. E si tratta di un lavoro difficile, non è semplice ottenere la semplicità. Inoltre, compito della politica non è di semplificare (e perciò di banalizzare, ahimè), bensì di gestire e governare la complessità. Quello è il suo compito fondamentale. Quando non è in grado di farlo, dovrebbe prenderne atto e ritirarsi a vita privata. Oggi, invece, com’è sotto gli occhi di tutti, è la vita privata di certi politici a essere centrale e determinante a essere confusa con la sfera pubblica, in un atteggiamento di onnipotenza diffuso a tutti i livelli e su tutto il territorio. Ovvio che gente del genere sia del tutto inadeguata alla gestione della complessità. Non ne ha né le capacità, né la statura morale e intellettuale. Forse è proprio ora di finirla con il luogo comune che dice che la politica la può fare chiunque. Perché è proprio l’incompetenza la responsabile delle situazioni imbarazzanti di questo periodo. Sono sempre più frequenti e per poterle sopportare, ormai, bisognerebbe avere la capacità di astrarsi. Quanto bello sarebbe poter essere soltanto un distaccato spettatore di quanto accade oggi nel nostro paese? Uno che non c’entra e assiste al teatrino godendoselo come se fosse una commediola da terza serata, pop corn e birra e annessi e connessi? Invece poi uno è italiano e i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia se li passa così, protagonista suo malgrado del teatrino e del disastro. Vergognandosi ogni giorno sempre di più e però inutilmente. Perché anche i sentimenti, vergogna compresa, sono inefficaci, ormai. Sono stati resi innocui. Semplificati, pure loro.