Trenitalia a pezzi

Ormai è evidente e al contempo paradossale: questo è un paese che costringe il cittadino a usare la propria automobile. Paradossale perché ovunque, e da anni, sta succedendo il contrario. Chiunque abbia preso di recente un treno in ogni altro paese d’Europa, lo sa. Altrove i treni sono puntuali, puliti, comodi, ti invitano a salirci a bordo, a viaggiare là sopra. Qui da noi, invece, prendere un treno è ormai un azzardo. Non sai mai quando partirà, quando arriverà. Il riscaldamento non funziona d’inverno, l’aria condizionata s’inceppa d’estate. Se viaggiate in un eurostar da Venezia a Milano e lo fate alla temperatura di 45 gradi, a luglio, vi vedrete rimborsati della bellezza di sette euro e rotti. Non parliamo poi delle toilette che all’esterno dovrebbero avere su scritto “latrina”, altroché. Eppure non si fa che sbandierare l’alta velocità, si sperpera denaro per opere inutili e intanto si tagliano i treni per i pendolari. Si fanno maquillage alle stazioni e i treni si spezzano in due. A volte letteralmente, altre virtualmente. Da qualche giorno, da Venezia, parte un regionale per Ferrara. Tu arrivi magari di corsa al binario, premi sul tasto apriporta che ti fa marameo, non si apre, tu guardi l’orologio mancano due minuti alla partenza, imprechi, provi le porte una a una e poi, disperato e attonito, vedi il treno andarsene via. Solo un pezzo, però. Ma come? Sì, erano due i treni in coda allo stesso binario, identici, solo che quello giusto stava davanti. Avete mai visto una roba così? E se nessuno te lo dice tu come fai a saperlo? Non c’è dubbio: lo stato in cui è ridotta Trenitalia è l’indice dello stato in cui è ridotto il paese. Poi però nelle stazioni trionfano dei megaschermi al plasma che altro non servono a mandare di continuo sempre gli stessi spot pubblicitari. Quelli funzionano perfettamente, mentre – come spesso capita a Padova – i pannelli degli orari sono fuori uso. Il treno dovrebbe essere il fiore all’occhiello di una nazione. È il biglietto da visita di un paese. Un treno, quando ci sali, ti dice “Buongiorno, benvenuto, noi siamo questo”. Provate a salirci, su un treno qualunque. Vi renderete conto di com’è ridotta l’Italia. Ammesso non lo sappiate già.