Bravi ragazzi, salvate la scuola!

Questo mio articolo è uscito sabato 25 ottobre sul Corriere del Veneto.

L’ultima volta è stato nel ’90, l’anno del movimento della Pantera. Furono decine le università occupate per giorni e giorni. Il coordinamento, fra città e città, avveniva via fax. Oggi, diciotto anni dopo, si comunica attraverso
Facebook e gli sms. In mezzo, diciotto anni di una tranquillità più prossima a un letargo, da parte degli studenti, che ad altro. Perché in questi diciotto anni, l’Università ne ha subite un bel po’, di spallate, da parte dei governi che si sono succeduti. Spallate più o meno decise con un unico obiettivo: lo smantellamento dell’università pubblica. Oggi, la situazione è ancora più drammatica. In discussione c’è tutto il sistema scolastico, dall’inizio alla fine. La lettura che ne esce è evidente e fa rabbrividire. Meno scuola per tutti. Meno cultura, meno istruzione, ché, evidentemente, è molto meglio avere a che fare con generazioni che non sanno piuttosto che con giovani consapevoli, attenti, critici. Poi, a studiare saranno solo quelli che potranno permetterselo e, per come sta andando il paese, sappiamo bene chi (pochi, pochissimi) avrà tale opportunità. Per questo fa doppiamente piacere vedere gli studenti uscire da un letargo troppo lungo. Un risveglio in zona cesarini, poco prima della spallata finale. Insegno da qualche anno come esterno all’università. Un’esperienza che mi ha messo a confronto con centinaia di studenti, tutti dalle enormi potenzialità e quasi tutti però indifferenti a tale patrimonio. I ventenni di oggi hanno molti strumenti a disposizione ma sembrano non avere voglia di usarli. E si capisce. Poca fiducia, mancanza di passioni, di obiettivi irrinunciabili. L’unico momento capace di riunirli sembra essere solo l’happy hour, litri di spritz. Ma, ripeto, si capisce. Pochi provano a mettersi nei loro panni. Dev’essere terribile guardare questo mondo (e questo paese, soprattutto) dal punto di vista di chi ha ancora tutto da costruire, da chi deve poggiare le proprie basi per la rincorsa esistenziale sul quasi niente, con una politica che li ritiene delle nullità assolute, da mandare a lavorare (ma dove?) il più presto possibile, altrimenti sono un peso per la società imprenditoriale che è l’esempio unico, ormai, di questo paese. Una condizione che dura da oltre un decennio. E guai a intralciare il passo a questo disegno. Sono pronti i manganelli, lo ha detto il presidente del consiglio. Per questo, è un gran bel segno per tutti, questo risveglio degli studenti, pronti alla nobile difesa di un diritto sacrosanto, fondamento di ogni paese civile: la salvaguardia del diritto allo studio. E mette i brividi pensare che nel 2008, in Italia, ciò sia in discussione, e lo sia con una prova di forza inquietante da parte del governo. Con una riforma, poi, che porta il nome di un ministro che ha più volte dimostrato la sua inadeguatezza (non soltanto grammaticale, vedi vari suoi interventi) a uno dei ministeri più importanti e delicati. Perché istruzione e cultura sono il fondamento assoluto, necessario, di ogni paese civile. Ammesso che l’Italia voglia esserlo ancora.