Cacciari sceriffo
Questo articolo è uscito martedì scorso su il manifesto.
Le locandine dei quotidiani locali, stamattina, non lasciavano spazio a nessuna interpretazione. Il tono è quello che ormai si sente risuonare in giro per la nazione. Un’abitudine che spinge chiunque a usare parole che fino a poco tempo fa sarebbero state soppesate prima, rifiutate poi, e – probabilmente – non sarebbero nemmeno venute in mente in un paese che sembrava lontano da un’intolleranza diffusa, sbandierata. E invece no. Esci di casa, passi accanto all’edicola e gli occhi cadono su parole che mettono i brividi: “Stretta di Ca’ Farsetti. Oggi scatta la caccia ai vu’ cumprà”. No, non siamo in Virginia negli anni cinquanta, ma a Venezia il 16 giugno 2008. Solo che la differenza è ormai sempre meno sensibile. Una sempre meno vaga onda razzista risuona ovunque. Anche qui. Verrebbe da domandare al redattore che l’ha scritta se ci ha pensato bene, se ha mai sentito parlare di Martin Luther King, per esempio. Caccia ai vu’ cumprà. Detta così, peggio, scritta così, quali fra i peggiori meccanismi mentali può far mettere in moto? Solo che poi di caccia si tratta sul serio, ahimè. E i ragazzi che vendono borse e occhiali contraffatti li incrocio subito, appena svoltato l’angolo della calle dove abito. Sono una dozzina, camminano lenti con il loro carico di roba chiuso però non più nei classici borsoni neri, ma suddiviso in contenitori più piccoli, tipo zaini o borse dai vari colori. Sono nella zona a minor densità turistica della città, forse diretti al vaporetto, per andarsene. Arrivano dal centro. Ci hanno provato. Non gli hanno dato caccia ma sono stati scacciati. Allontanati, oggi, che è il primo giorno. Da domani scatteranno sequestri, multe e denunce penali. Loro, hanno provato a dissimulare la roba dentro a contenitori diversi, perché ciò che ha fatto scattare l’ordinanza sono proprio i borsoni che, a detta del comune, venivano usati come oggetti – armi ha detto qualcuno – per farsi largo tra la folla. “Abbiamo avuto molti feriti, anche gravi – ha detto Cacciari. Siamo stati costretti a intervenire”. Chissà se ci crede davvero a quel che dice. E, del resto, se scappano impauriti un motivo ci deve pur essere. Basterebbe non terrorizzarli. Percorro Riva degli Schiavoni, dove spesso stendono le lenzuola con sopra la merce in vendita. È vuota. Bonificata, direbbe qualche altro. Missione compiuta, almeno per oggi.
Il sindaco Cacciari batte un record, è il primo a usufruire di quel pacchetto sicurezza firmato dal governo e che tutta la stampa straniera ha additato come razzista. Il democratico Cacciari e, soprattutto, il suo vice, Michele Vianello, attingono e ringraziano la destra, che gli consente, finalmente di fare gli sceriffi. Ma non diteglielo, che un po’ si offendono, un po’ se ne vantano (“Nel west la stella brillava sul petto dei giusti”, precisa Vianello). Qualcuno fa il nome di Gentilini, e in effetti. Solo che Vianello la grammatica la conosce e non direbbe mai “il sceriffo”. Per il resto, quella contro gli ambulanti di merce contraffatta è una battaglia quasi personale, iniziata subito dopo la nomina a vicesindaco, nel 2005. Lui, uno di quei DS che tradirono l’Unione di centro-sinistra che appoggiava Casson per schierarsi con Cacciari e la sua lista monocolore della Margherita. Un’ostinazione poco comprensibile, la sua, perché non è certo questo il male principale di Venezia. Piacerebbe infatti che tale accanimento la giunta lo dedicasse anche al Mose o alle navi da crociera che violentano in quantità e quotidianamente le acque della laguna. Ma si sa, oggi è l’extracomunitario a fare notizia e a portare il consenso facile. Consenso che da queste si rincorre anche attraverso il decoro. Già, è l’unica città questa che ha un assessore al decoro. Ovvio quanto sia indecoroso, vedere quelle lenzuola stese qua e là in giro fra calli e campielli.
Ma le lenzuola sono sparite. Proseguo il mio giro, passo per San Marco, Rialto, Strada Nova. Nulla. Arrivo fino alla stazione. E solo lì vicino due poliziotti fermano tre ragazzi con i loro sacchi azzurri. Per oggi se la cavano con un avvertimento e l’allontanamento. Risulta davvero poco comprensibile questo inasprimento da parte di una giunta che proprio in questi giorni sta affrontando il problema del Campo Sinti di via Vallenari. Le proteste contro il nuovo insediamento diventano di giorno in giorno sempre più dure, appoggiate dalla destra e dalla Lega che hanno capito che lì possono giocarsi un ruolo determinante per le amministrative del 2010. Già più di mille firme sono state raccolte per chiedere un referendum. E la giunta, giustamente, fa quadrato a difesa di una scelta – quella del nuovo villaggio – fatta dieci anni fa e approvata da tutti. Doveva trattarsi di routine, ma poi è arrivata l’ondata razzista che ha spazzato via la sinistra, il governo, una quantità di giunte e di municipalità. Un’onda inarrestabile che ha portato con sé la melma disgustosa dell’intolleranza. Hanno vinto le elezioni per quello. E da quello sconcio ora sta attingendo anche quel che resta dell’opposizione. Eppure a molti non sembrava vero, mercoledì scorso, in Piazza Ferretto, ascoltare un Cacciari determinato e difensore di valori sacrosanti. C’ero anch’io alla manifestazione indetta dal comune a favore del nuovo insediamento sinti, e sembrava di essere tornati al Cacciari del primo mandato, nel ’93. Quella capacità di attingere al più bel vocabolario possibile, capace di emozionare, di dire la verità. Poi, pochi giorni dopo, ecco il giro di vite contro i venditori ambulanti, una scelta tanto avventata quanto inopportuna. Perché come si può pretendere di fermare quell’ondata di demagogia e intolleranza che sta bloccando i lavori del campo sinti, come si può pensare di fare – giustamente – fronte agli slogan razzisti contrapponendo una società civile che ancora crede nei valori, nella solidarietà, e poi confermare invece con l’ordinanza di oggi che il problema sicurezza resta ed è il principale? Un errore fatale, una scelta intollerabile.