Carnevali, Venezia e Viareggio
Questo articolo è uscito venerdì scorso su il Corriere del Veneto.
Mercoledì mattina lo sentivi volteggiare nell’aria, il respiro di sollievo dei veneziani. Lo potevi vedere, era tangibile. Il carnevale più insulso della storia si era finalmente concluso. Squallido, l’hanno definito in tanti. Un successo del “geniale direttore artistico”, invece, a detta di Cacciari e Pizzigati. Ma forse avevano appena letto Harry Potter, tutti presi da magie e visioni. Il fallimento di Balich (feste senza autorizzazioni, gli incidenti ai Giardini, e molto altro ancora) non è solo il fallimento del Carnevale. Molto peggio. È la conferma plateale di un disegno tenuto sottotraccia ma ormai leggibile. Se a parole Cacciari dice di voler salvare Venezia, dall’altra, affidandola a mani "geniali", la consegna alla disneyzzazione definitiva. Balich è stato il caterpillar di quanto di buono il carnevale veneziano offriva: la cultura, lo spettacolo di qualità. Era questa la grande differenza rispetto a tutti gli altri carnevali. Cancellata. Per andare a caccia di numeri ha smantellato ogni idea di qualità per proporre la quantità più ovvia, spesso becera. Ha trasformato Venezia in un immenso discobar di provincia che ha riprodotto i fenomeni più ricorrenti dei discobar di provincia: tasso alcoolico elevatissimo, volgarità, vandalismo. Il vero disastro di questi giorni (dal 31 dicembre a oggi) è soltanto uno: è stata messa a nudo l’inadeguatezza di chi ha in mano le chiavi della città. Manca del tutto un’idea di città. Di Venezia com’è oggi e come dovrebbe essere domani. Se si vuole svenderla definitivamente, lo si dica. È un insulto alle intelligenze di tutti i veneziani assistere a dichiarazioni che gongolano sulla quantità di attenzione che i media hanno dato al Carnevale. Ma glielo può dire qualcuno a questi che Venezia sui media ci va da quando i media esistono? Qualcuno può dirgli che Venezia oggi ha bisogno di idee semplici e di valore? Che Venezia le invasioni di massa deve tenerle lontane e non incentivarle? Sì, ci voleva un direttore artistico geniale, che di artistico, però, non ha proposto niente di niente. E di geniale? Non basta aver organizzato un’apertura di olimpiade per saper gestire un Carnevale in una città come Venezia. È evidente. Ma intanto continuiamo a fare i provinciali. Chi ha fatto bene altrove allora è bravo per definizione, si smantella quel poco che c’era per far spazio al “nuovo”. Che dice: “Certamente terremo conto anche della tradizione del Carnevale di Venezia, anche se va maggiormente spettacolarizzata», roba da brividi. Ti fa capire che ti trovi davanti a qualcuno con la sindrome della mondovisione. E infatti, un attimo dopo: “Il Carnevale di Viareggio riesce ad avere tre ore di diretta Rai perché tutta la regione e il territorio si muovono al massimo livello per sostenerlo”. Chi glielo dice a Balich che Viareggio non è Venezia? Che Venezia non ha bisogno della mondovisione ma ha bisogno di un’idea di città, di festa che sia cultura e non spettacolarizzazione? Che ha bisogno di semplicità e non di semplificazione, tipo quella dei temi. Già, perché se il bacio in Piazza era una proposta dei gay per il San Valentino 2007, Sensation altro non era che la semplificazione, appunto, del tema della Biennale Arte di quest’anno, Think with the Senses – Feel with the Mind. Eh sì, ci voleva proprio un nuovo direttore artistico. E geniale, per giunta.